L’immunoncologia, il nuovo metodo con cui combattere i tumori che consiste nel ”risvegliare” il sistema immunitario, parla italiano: il nostro Paese ha, infatti, guidato importanti studi clinici con questa nuova arma. Tuttavia, se oggi abbiamo le molecole più innovative a disposizione per diversi tipi di cancro, ”servono però tempi più veloci per l’approvazione di farmaci così efficaci, perché vadano subito ai pazienti”. Questo è l’appello che arriva dagli oltre 200 esperti riuniti a Siena per il XIII Congresso NIBIT, Network Italiano per la Bioterapia dei Tumori.
Proprio il Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena è tra i capofila nel settore dell’immunoterapia, con più di 700 persone trattate in 10 anni. Il melanoma ha rappresentato l’apripista in sperimentazioni che si sono poi allargate a molti tipi di tumore, da quelli del polmone, rene, prostata, colon-retto e cervello, fino al mesotelioma e altre neoplasie rare. Oggi, afferma il direttore dell’Immunoterapia Oncologica del Policlinico Santa Maria alle Scotte, Michele Maio, ”l’immunoncologia si è affermata come la quarta arma disponibile per sconfiggere il cancro. Il primo farmaco immunoncologico approvato, ipilimumab, ha dimostrato di migliorare la sopravvivenza a lungo termine nel melanoma in fase avanzata: nel 20% dei pazienti la malattia si ferma o scompare del tutto. In questo tumore della pelle è ormai possibile evitare la chemioterapia. Un passaggio che avverrà a breve anche nel tumore del polmone, con importanti vantaggi per i pazienti perché oggi uno su cinque trattato con un nuovo farmaco immunoncologico, nivolumab, è vivo a tre anni”, precisa Maio.
“Nivolumab, però, non è stato ancora approvato nel nostro Paese per il melanoma – sottolinea – Importante è anche che i pazienti con questo tipo di tumore possano accedere quanto prima a tale terapia innovativa”, conclude. Da qui l’appello degli oncologi: ”Le Istituzioni prevedano approvazioni accelerate quando si tratta di terapie realmente innovative”, considerando anche che l’utilizzo di tali farmaci ”non comporta necessariamente un incremento dei costi per lo Stato, poiché si stanno identificando marcatori tumorali per indicare in anticipo i pazienti in cui questi farmaci potranno essere efficaci”.