Verso la costruzione di una cellula artificiale

Abbiamo integrato in questo articolo alcuni filmati realizzati dai ricercatori con un microscopio confocale e tramite simulazioni computerizzate, per farvi vedere i “retroscena” di una ricerca tanto complessa ed importante.

Le cellule che oggi vediamo negli esseri viventi sono il frutto dell’evoluzione. Ma, siccome l’evoluzione è un processo basato fondamentalmente su mutazioni casuali, le attuali cellule potrebbero non essere le migliori: del resto, i ricercatori medici vedono ogni giorno i limiti di sicurezza ed affidabilità dei mattoncini che costruiscono il nostro corpo. È anche per questo motivo che da alcuni decenni ci si interroga su una possibilità molto interessante: costruire delle cellule sintetiche, realizzate quindi con materiali differenti da quelli che compongono le cellule derivate dal processo di evoluzione.

Una membrana cellulare sintetica modifica autonomamente la propria forma
In questa sequenza di immagini, una membrana cellulare artificiale modifica autonomamente la propria forma

La cellula sintetica è un Santo Graal della moderna biologia: se riuscissimo a davvero ad inventare un organismo vivente (perchè questo è una cellula, il più elementare essere vivente) completamente od in buona parte diverso dalle cellule che oggi popolano il nostro pianeta, potremmo comprendere appieno i meccanismi della vita. Ed in questo modo sarebbe possibile addirittura realizzare, come già facciamo parzialmente con la manipolazione del codice genetico, delle alternative alle strutture biologiche “tradizionali” che siano più sicure e ci consentano di sconfiggere virus ed altri pericoli per la nostra vita.

Ma “creare” la vita in laboratorio non è semplice, ed è per questo motivo che ogni passo avanti in questa direzione è un grande successo. L’ultimo grande passo avanti è stato reso pubblico poche settimane fa da parte di un gruppo di lavoro internazionale cui ha preso parte anche un ricercatore della Sissa di Trieste: è stato realizzato con successo un prototipo di membrana cellulare in grado di cambiare forma autonomamente.

Luca Giomi, il ricercatore della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati triestina, ci ha raccontato come il gruppo di ricercatori abbia lavorato.

Luca Giomi, il ricercatore della SISSA di Trieste
Luca Giomi, il ricercatore della SISSA di Trieste

Innanzitutto, chiariamo cosa sia stato prodotto: la struttura realizzata è fondamentalmente una membrana cellulare costituita da uno strato di grasso “avvolto” attorno ad un citoscheletro di base, che è il vero responsabile delle principali proprietà della membrana. Il citoscheletro “è fatto da un singolo strato di microtubuli e kinesina” ci dice Giomi. I microtubuli sono, come suggerisce il nome, delle strutture proteiche a forma di cilindro cavo, che consentono il passaggio di molecole verso l’interno e l’esterno della cellula. Per un organismo viviente è infatti fondamentale poter assumere materie prime ed espellere rifiuti.

La kinesina è una molecola piuttosto buffa: possiamo immaginarla come una sorta di girino (lo stadio non metamorfosato di una rana). Ha infatti una grossa testa a sagoma circolare, ed una coda formata da catene proteiche intrecciate. Questa molecola è uno chauffeur cellulare: la coda della kinesina si lega alle vescicole od organelli cellulari che deve trasportare (può spostare anche i mitocondri, per esempio). La testa, invece, si lega ai microtubuli, e può idrolizzare una molecola di ATP, il carburante biologico. In questo modo, un passo alla volta, la testa riesce a spostarsi lungo il microtubulo, sempre nella stessa direzione, trasportando il carico che ha legato alla propria coda da una estremità all’altra del microtubulo.

Il gruppo di lavoro con cui ha collaborato Giomi ha quindi costruito soltanto la “scatola” della cellula, senza gli organelli interni. Ma si tratta di una scatola straordinaria, capace di muoversi e cambiare forma in modo completamente autonomo, senza bisogno di essere “pilotata” dai ricercatori stessi. Insomma, è una scatola che “funziona”. Ma, ovviamente, non è ancora sufficiente per poter dire di avere costruito una vera alternativa alle cellule: è solo un involucro. “Queste strutture”, continua Giomi, “non possono in alcun modo sostituire le vere cellule. La nostra e’ cio’ che viene definito una proto-cellula. Il suffisso “proto”, sta per prototipo, ma anche per primordiale. Costruendo delle strutture che imitano alcuni tratti delle cellule, speriamo di capire meglio quali sono i meccanismi fisici che regolano il comportamento delle cellule vere e proprie”. Ma l’obbiettivo dei ricercatori non è soltanto questo: “all’origine, il pianeta terra era, ovviamente, privo di forme di vita. Queste si sono formate  circa un miliardo di anni dopo. Come è avvenuta la transizione dalla materia inanimata a quella vivente? La speranza (condivisa da moltissimi scienziati in tutto il mondo) è di capirlo provando ad assemblare forme di vita minimali che in qualche modo possano imitare quelle primordiali.”

In altre parole, quanto costruito dai ricercatori non assomiglia molto ad una cellula “moderna” ma potrebbe essere molto simile a quello che avremmo visto qualche miliardo di anni fa sul pianeta Terra.

Tra l’altro, la questione non interessa soltanto i biologi: lo stesso Luca Giomi è un fisico. Dall’esplosione della biologia molecolare, si è parlato delle cellule principalmente in termini genetici. Ma le cellule sono prima di tutto dei materiali, soggetti alle leggi della meccanica. “Il mio interesse principale è capire in che modo questo avvenga”, ammette il ricercatore della scuola triestina.

Naturalmente, i ricercatori che hanno realizzato questo prototipo non sono partiti da zero: molte ricerche precedenti hanno costituito una base su cui lavorare. Giomi ci ha spiegato che “lo sviluppo del citoscheletro artificiale è la novità principale di questo lavoro. Questo è stato reso possibile dai recenti progressi nella manipolazione dei microtubuli (Zvonimir Dogic, coautore della nostra ricerca, è il vero pioniere in questo senso), ma anche dallo sviluppo di un contesto teorico – la meccanica della materia attiva – che consente di modellizzare, analizzare e prevedere cosa avviene in questi materiali complessi. Quella della materia attiva è una storia che comincia negli anni 90, ad opera di matematici applicati come Pedley e Kessler, e che prosegue nel lavoro di fisici come Toner, Yu, Ramaswamy, Vicsek e molti altri”.

La cinetica di Michaelis Menten tra kinesina e ATP
La cinetica di Michaelis Menten tra kinesina e ATP studiata dai ricercatori

La ricerca, come abbiamo già detto, non si ferma qui: anzi, questo risultato è a sua volta un ottimo punto di partenza per successivi studi. Qual’è il prossimo passo? “Per quanto mi riguarda”, afferma Giomi, “il prossimo passo sarà cercare di replicare una divisione spontanea. Esistono gia’ risultati a riguardo, ma non coinvolgono il citoscheletro, che invece gioca un ruolo determinante nella divisione cellulare”.

 

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