E’ nel sistema immunitario la chiave per sconfiggere i tumori del cervello. Risultati che lasciano ben sperare sull’utilizzo dell’immunoterapia arrivano dal congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco), conclusosi ieri a Chicago, e sono frutto di uno studio italiano condotto dall’Istituto oncologico veneto (Iov).
“Per la prima volta – spiega Giuseppe Lombardi, responsabile del dipartimento di Neuro-oncologia allo Iov e primo autore dello studio – presentiamo un’analisi sull’efficacia dell’immunoterapia in pazienti con gliomi di alto grado, tumori cerebrali aggressivi, che hanno una particolare mutazione genetica: il deficit di riparazione del Dna. Si tratta di una mutazione presente in circa il 5% di questi pazienti”.
Proprio tale mutazione, chiarisce l’esperto, “si è dimostrata predittiva di efficacia dell’immunoterapia già in altri tipi di tumore. Per la prima volta la si è ora studiata in relazione ai tumori cerebrali aggressivi”. Lo studio ha analizzato 170 pazienti, tra i quali 15 sono risultati positivi alla mutazione: “Trattando i pazienti ‘mutati’ con la molecola immunoterapica pembrolizumab – spiega Lombardi – abbiamo ottenuto risultati positivi: il 33% dei pazienti ha infatti risposto bene all’immunoterapia e la malattia si è stabilizzata per un tempo prolungato. Si tratta di malati che hanno già effettuato tutte le terapie standard e nel caso di un paziente pluritrattato la malattia è ferma da 20 mesi e la massa tumorale si è ridotta”.
Ora, precisa, “lo studio verrà proseguito e ampliato, ma per la prima volta si è dimostrato che l’immunoterapia può avere un ruolo importante in questo sottogruppo di pazienti”. Finora, infatti, l’utilizzo dell’immunoterapia contro i tumori cerebrali non aveva dato risultati soddisfacenti. La chiave, sottolinea l’esperto, “sta proprio nell’approccio personalizzato, ovvero nella selezione dei pazienti sulla base delle loro specifiche mutazioni molecolari per capire su quali malati l’immunoterapia potrà essere più efficace”.
E risultati positivi arrivano anche da un altro studio coordinato dallo Iov e già pubblicato sulla rivista Lancet: “Lo studio, su 119 pazienti, ha evidenziato che l’utilizzo di un farmaco mirato (regorafenib) aumenta la sopravvivenza dei pazienti con glioblastoma con recidive. Ad un anno è infatti vivo il 20% dei pazienti trattati contro meno del 10% di quelli sottoposti a terapia standard. All’Asco presentiamo ora anche i dati sulla qualità di vita di questi malati, che evidenziamo come la nuova terapia non comporti un peggioramento”.
In Italia questa terapia, già in uso per altri tumori, può essere impiegata off-label, ovvero ‘fuori indicazione’: “Abbiamo ora fatto richiesta all’Agenzia italiana del farmaco Aifa di un’autorizzazione urgente all’impiego – conclude l’oncologo – proprio sulla base dei dati, che provano l’aumento di sopravvivenza dei pazienti trattati con la nuova molecola”. Il glioblastoma è il tumore maligno più comune tra le neoplasie cerebrali, con incidenza globale di circa 3-4 casi su 100.000 persone per anno. In Italia sono circa 1.500 le persone che annualmente sono colpite da questa forma di tumore.