L’emissione di metano su Marte rilevata nel 2013 dal rover Curiosity della NASA è stata confermata. In modo del tutto indipendente, un team internazionale di ricercatori guidato da Marco Giuranna dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), a cui hanno partecipato ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), grazie alle misure dello strumento italiano PFS (Planetary Fourier Spectrometer) a bordo della sonda dell’ESA Mars Express, è riuscito a confermare i dati di circa cinque anni fa. Il team ha inoltre individuato la possibile zona di emissione, in una regione del pianeta situata circa 500 chilometri ad est del cratere Gale.
La ricerca di metano su Marte è di fondamentale importanza poiché la molecola potrebbe avere origine biologica e quindi servire da tracciante della presenza di vita sul pianeta rosso. Tuttavia, prima d’ora, nessun rilevamento era stato confermato con misurazioni indipendenti. “Finalmente adesso abbiamo la prima osservazione simultanea di metano su Marte, nello stesso luogo e nello stesso momento, da parte di due strumenti indipendenti e molto diversi tra loro: un rover in superficie e uno spettrometro in orbita attorno al pianeta”, spiega Marco Giuranna, primo autore dell’articolo che descrive la scoperta, pubblicato sulla rivista Nature Geoscience.
Lo spettrometro di Fourier PFS ha rilevato per la prima volta la presenza di tracce di metano nell’atmosfera marziana nel 2004. Oggi, 15 anni dopo, lo stesso strumento riporta la presenza di un picco di metano nell’atmosfera sopra il cratere Gale. Le osservazioni di PFS sono del 16 giugno 2013. Il giorno precedente il rover Curiosity aveva osservato quantità di metano simili all’interno dello stesso cratere. Ma il team non si è fermato qui. Questi risultati, infatti, hanno fornito un’opportunità unica per individuare la zona del pianeta dalla quale è stato probabilmente rilasciato il gas.
“Abbiamo adottato un approccio sinergico per integrare le osservazioni di PFS con simulazioni atmosferiche e con fattori geologici, e poter risalire alla sorgente del metano. Il risultato più importante è che due studi completamente indipendenti suggeriscono lo stesso luogo di origine”, spiega Giuranna. Tutti i vincoli osservazionali disponibili, infatti, sono stati forniti a un modello teorico di circolazione globale dell’atmosfera marziana per identificare le aree di provenienza del gas più plausibili. Le simulazioni sono state eseguite considerando scenari realistici di emissione di gas, come i tipici andamenti di rilascio del gas dalle rocce osservati sulla Terra.
I risultati del modello, sviluppato dal Royal Belgian Institute for Space Aeronomy (BIRA-IASB), indicano che una regione situata circa 500 km ad est del cratere Gale ha un’alta probabilità di essere il luogo di origine del metano osservato. Un’analisi geologica, completamente indipendente dal modello atmosferico, ha indicato la stessa regione di provenienza. “Abbiamo studiato il contesto geologico marziano in un’ampia regione attorno al punto di rilevazione del gas, alla ricerca di strutture che potrebbero essere associate al rilascio di metano”, spiega il ricercatore Giuseppe Etiope dell’INGV, “La regione più interessante dal punto di vista geologico è proprio la stessa indicata dai modelli di circolazione globale. Questa vasta area include il terreno fratturato di Aeolis Mensae che ospita, in un settore chiamato Medusae Fossae Formation (MFF), numerose faglie e un sottosuolo ricco di ghiaccio, come il permafrost diffuso nelle aree fredde della Terra. Poiché il permafrost può contenere metano o fornire una copertura impermeabile per la risalita di gas”, conclude Etiope, “è possibile che il metano venga rilasciato lungo le fratture in maniera episodica, per parziale scioglimento del ghiaccio, per sovrappressione del gas che si accumula nel sottosuolo, per eventi sismici o per l’impatto di meteoriti”.
Questi risultati costituiscono un primo importante passo per comprendere l’origine del metano su Marte. “L’Italia contribuisce da anni alle missioni verso il pianeta Marte”, spiega Barbara Negri, responsabile ASI dell’Unità esplorazione e osservazione dell’universo, “e ha conquistato un’importante leadership europea sia scientifica che industriale. L’ASI ha realizzato la strumentazione scientifica su diverse missioni ESA e NASA a Marte, che permettono alla comunità scientifica italiana di produrre risultati importanti sulla base dell’interpretazione dei dati raccolti”.
“Non abbiamo scoperto l’origine ultima del metano” conclude Giuranna. “Molti processi abiotici e biotici possono generare metano su Marte. Tuttavia, il primo passo per capire l’origine del metano su Marte è determinare i luoghi di rilascio. Un’analisi dettagliata di questi luoghi, alla fine, ci aiuterà a rivelare l’origine e il significato del metano rilevato”.