Probabilmente nessuno negli anni ’90 avrebbe scommesso che la ricerca sull’Hiv avrebbe portato addirittura a benefici anche per altre malattie. Eppure, oggi, da un farmaco contro l’Hiv potrebbe aprirsi una nuova frontiera per la cura dell’Alzheimer.
Un nuovo studio condotto su topi ha infatti scoperto come questo medicinale arrivi a ridurre significativamente l’infiammazione legata all’età e agli altri segni di invecchiamento. Il progetto di ricerca è frutto di un team internazionale composto da ricercatori della Brown University, della New York University, dell’Università di Rochester, dell’Université de Montréal e della Facoltà di Medicina dell’Università della Virginia e ha coinvolto anche i ricercatori italiani Alberto Caligiana e Greta Bocculi, ora all’Università di Bologna.
Lo studio, pubblicato su Nature, fa emergere come la lamivudina (farmaco usato nella lotta all’Hiv) arrivi, nei topi, a ridurre significativamente l’infiammazione legata all’età. Sono state necessarie due settimane di trattamento per ridurre i segni dell’infiammazione cronica. L’azione del farmaco va a bloccare l’attività di una particolare classe di retrotrasposoni delle cellule (la L1), che compongono sequenze di Dna che possono replicarsi e spostarsi in altri luoghi del corpo.
Si tratta di un risultato “promettente” spiega John Sedivy, docente alla Brown University, “per il trattamento di disturbi associati all’età, tra cui l’Alzheimer ma molte altre malattie: il diabete di tipo 2, il morbo di Parkinson, la degenerazione maculare, l’artrite”.