Psicoterapia: l’immaginazione guidata può essere efficace contro le paure

(Reuters Health) – I terapeuti usano spesso una tecnica che consiste nell’esporre i pazienti alla fonte delle loro paure per combatterle, ma un nuovo studio del Mount Sinai di New York suggerisce che l’immaginazione guidata può essere altrettanto efficace.

Il metodo tradizionale si basa sull’attivazione di aree del cervello coinvolte nella percezione, nella memoria, nell’apprendimento e nell’immaginazione. Gli autori del nuovo studio hanno dimostrato che gli stessi processi si verificano quando la fonte della paura viene “simulata” immaginandola.

“L’aspetto più interessante è che abbiamo potuto misurare le risposte neurali e osservare lo stato cerebrale durante l’immaginazione, vedendo che era simile a ciò che accade durante l’esposizione reale – dice Daniela Schiller, professore associato di psichiatria e neuroscienze all’Icahn School of Medicine at Mount Sinai a New York e autrice principale del lavoro – Compiendo azioni mentali possiamo portare il nostro cervello in uno stato che assomiglia a quello dell’esposizione reale”.

La premessa
Uno degli svantaggi della terapia espositiva tradizionale è che può essere difficile o poco pratico provare a confrontarsi con l’effettiva fonte delle paure di un paziente. È complicato, per esempio, se queste derivano da un trauma in una zona di guerra. E a volte la paura è così intensa che la terapia dell’esposizione reale può essere schiacciante.

Lo studio
Per testare il principio dell’esposizione immaginata, Schiller e colleghi hanno avviato un esperimento che ha coinvolto 68 volontari. I ricercatori hanno ripetutamente suonato due toni e con uno di questi i volontari hanno ricevuto una leggera scossa. Alla fine, il solo suono è stato sufficiente per farli reagire.

Quindi Schiller e colleghi hanno diviso i volontari in tre gruppi. Il primo è stato esposto più e più volte al suono che era stato collegato alla scossa, senza che questa partisse. Al secondo gruppo è stato chiesto di immaginare il suono senza la scossa accompagnatoria. Al terzo gruppo, che fungeva da controllo, è stato detto di immaginare due suoni neutri della natura, il canto degli uccelli e la pioggia.

I cervelli dei volontari sono stati sottoposti a scansione con risonanza magnetica funzionale durante questa fase dell’esperimento. Sensori sulle braccia dei volontari hanno inoltre misurato la conduttanza cutanea, “una misurazione dell’eccitazione”, come ha spiegato Schiller.

Le evidenze
Esaminando e scansioni del cervello i ricercatori hanno scoperto che “quando si sottopone qualcuno alla terapia di esposizione, reale o immaginaria, entra in azione una rete nella corteccia prefrontale ventromediale. Quella rete è importante per l’apprendimento dell’estinzione”, osserva Schiller.
Nelle persone con disturbi d’ansia, quella rete può essere compromessa. I risultati dello studio, pubblicati su Neuron, dimostrano che può essere messa in moto sia dall’esposizione reale a esperienze spaventose, sia dall’esposizione immaginata.

I commenti
“I terapisti stanno già utilizzando la terapia dell’immaginazione, anche senza la prova che ciò provochi reali cambiamenti cerebrali – ha sottolineato Robert Hudak, professore associato di psichiatria alla University of Pittsburgh School of Medicine in Pennsylvania, che non è stato coinvolto nello studio – Lo facciamo sempre con i pazienti affetti da disturbo ossessivo compulsivo”.
“Per esempio, una persona ossessiva che si allontana da casa vuole staccare le spine da ogni presa della corrente sperando che questa operazione impedisca che si verifichi un incendio– continua Hudak – far immaginare ripetutamente a questa persona di uscire di casa senza togliere tutte le spine può alla fine lenire l’ansia”.

Fonte: Neuron
Linda Carroll
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

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