(Reuters Health) – La rimozione dell’appendice sarebbe collegata a una riduzione del rischio di andare incontro a malattia di Parkinson, soprattutto tra le persone provenienti da zone rurali. Un’evidenza che potrebbe aiutare a far luce sull’eziologia della malattia, almeno secondo i ricercatori che hanno condotto lo studio, pubblicato da Science Translational Medicine. Il team è stato guidato da Viviane Labrie, del Van Andel Research Institute di Grand Rapids, nel Michigan (USA).
Lo studio
I ricercatori americani hanno preso in considerazione più di 1,6 milioni di persone in Svezia, tra cui 849 affette da Parkinson. Dai risultati dell’indagine è emerso che l’asportazione dell’appendice è associata a una riduzione del rischio complessivo di Parkinson del 19,3%. Nello specifico, l’incidenza del Parkinson è stata pari 1,6 ogni 100mila persone l’anno tra gli individui che si sottoponevano ad appendicectomia, rispetto a 1,98 ogni 100mila l’anno dei soggetti di controllo.
Inoltre, la prevalenza cumulativa del Parkinson tra le persone che si sottoponevano ad asportazione dell’appendice era inferiore del 16,9%, con la malattia neurodegenerativa che è stata diagnosticata in 1,17 persone ogni mille tra coloro che si sottoponevano ad appendicectomia, contro 1,4 persone ogni mille nella popolazione generale. E l’effetto dell’intervento è stato più evidente tra le persone che vivevano in zone rurali, con una riduzione del rischio di Parkinson del 25,4%, mentre nessun beneficio si è osservato in chi viveva in aree urbane. Infine, un intervento fatto 20 anni prima della diagnosi è rsultato associato a un significativo ritardo nell’età della diagnosi, sempre tra coloro che risiedevano in zone rurali, ma non in quelle urbane.
I commenti
“Questi risultati suggeriscono che l’appendicectomia influenza i fattori di rischio ambientale del Parkinson, in particolare per chi vive in ambienti rurali”, affermano gli autori. E l’età della diagnosi di Parkinson era, in media, ritardata di 3,6 anni nelle persone che presentavano un’appendicectomia fatta 30 anni prima, rispetto a chi non si sottoponeva proprio all’intervento.
“La nostra ricerca ha identificato l’appendice come un potenziale punto di partenza del Parkinson, una scoperta che è sorprendete ed eccitante”, ha dichiarato Labrie. “Una delle evidenze più significative è stata riscontrare l’abbondanza della proteina aggregata alfa-sinucleina nell’appendice delle persone di tutte le età”, sottolinea l’esperta, secondo la quale “prima si pensava che questi ‘clumps’ fossero caratteristici solo del Parkinson, ma ci deve essere un altro meccanismo della malattia, una causa scatenante”.
“È importante sottolineare, però, che non stiamo suggerendo di togliere l’appendice per ridurre il rischio di Parkinson”, ha dichiarato Labrie, ma “pensiamo che questo sia un punto di partenza per una migliore comprensione della malattia”, ha concluso. “Piuttosto che un intervento chirurgico – ha aggiunto – un modo per sfruttare questi risultati potrebbe essere quello di controllare i livelli di alfa-sinucleina nell’intestino, prima che arrivi al cervello”, ha sottolineato la ricercatrice.
Fonte: Science Translational Medicine
Marilynn Larkin
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)