Sono 3,6 milioni gli italiani che soffrono di depressione, ma solo il 17% viene adeguatamente curato. Eppure le armi per sconfiggerla ci sono, avvertono gli esperti in occasione del Congresso nazionale della Società italiana di psichiatria (Sip) che si svolge a Torino.
L’Italia è dunque il fanalino di coda per appropriatezza dei trattamenti con il 17% dei pazienti trattati contro il 23% della media europea. I numeri evidenziano una situazione allarmante: gli italiani colpiti da depressione, nei vari gradi, sono tra 1,8 e 3,6 mln, e cresce la quota dei giovani e adolescenti che sfiora il 10% del totale, mentre negli ultimi 10 anni la depressione ha fatto registrare solo nel nostro Paese un aumento del 20%. Eppure, avverte il past presidente Sip Claudio Mencacci, “in Italia si curano ancora troppo pochi pazienti”.
Lo dimostra un grande e recente studio internazionale condotto dall’Organizzazione mondiale della sanità in 21 Paesi: emerge che solo il 23% delle persone affette da depressione maggiore nei paesi ad alto reddito (e solo il 2% in quelli a basso reddito) riceve un trattamento rispondente a criteri minimi di adeguatezza. Nello studio viene stimato che in Italia soffra di depressione maggiore circa il 3% della popolazione e circa la metà di tali soggetti non aveva percepito la propria depressione come una patologia da curare. Ancora oggi, avverte il presidente Sip Bernardo Carpiniello, “una percentuale molto alta di persone non ricorre alle cure perché la depressione non viene percepita, anche quando evidente, come patologia da curare.
Non solo. Anche quando ci si rende conto del bisogno di essere aiutati, spesso non si ricevono le cure più adeguate. Questo dato fa rabbia, perché oggi la depressione può essere guarita nel 70% dei casi”. Allo stesso modo, anche i pazienti con disturbi d’ansia ricevono una qualche forma di trattamento solo nel 30% dei casi, e solo il 9% riceve una cura adeguata. Al contrario, “diffondere i risultati dei trattamenti dei disturbi mentali non solo riduce la vergogna e l’isolamento dei pazienti e dei familiari ma incrementa la ricerca del buon risultato clinico da parte degli operatori”, afferma Enrico Zanalda, segretario Sip.
Da qui la richiesta degli psichiatri: “Dal 2013 – affermano – la Sip sta cercando di stimolare le Istituzioni per dare il via a una campagna nazionale contro la depressione. Ci auguriamo che questa fase politica possa consentirci di realizzarla”. Ma gli esperti mettono in guardia anche su un altro aspetto, perché la depressione “non è mai sola”: l’interazione con altre malattie, affermano, è infatti un ulteriore rischio perché infarto, ictus, diabete, malattie oncologiche sono in grado di far ‘schizzare’ i normali tassi di prevalenza di depressione dal 5% fino al 40%.
E vale anche il processo inverso: soffrire di depressione è infatti un fattore di rischio di sviluppo delle stesse patologie. Tanto che la depressione aumenta la probabilità di infarto di circa 3 volte. Curare la mente, però, in un certo senso cura anche il corpo: così, un trattamento antidepressivo tempestivo in caso di depressione post-infarto, non solo migliora la sintomatologia depressiva ma riduce sino al 20% il rischio di complicanze quali reinfarto e aritmie.