Sono una vecchia conoscenza per i ricercatori che li hanno scoperti circa 20 anni fa nei topi, ma solo ora hanno capito il fondamentale ruolo che ricoprono nei meccanismi del sonno. Nuovi dati, pubblicati su Nature Communications e raccolti sempre su topi, indicano che quando lo stesso gruppo di neuroni è acceso riesce a fare “addormentare” il cervello, mentre quando è danneggiato causa l’insonnia. La scoperta si deve al gruppo del Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston guidato da Daniel Kroeger.
Negli esperimenti i neuroni del sonno sono stati controllati nei topi utilizzando un raggio laser o dei composti chimici. In entrambi i casi, una volta accesi, i neuroni hanno indotto negli animali un sonno profondo, confermando che gli stessi neuroni danneggiati o perduti, ad esempio in seguito al normale processo di invecchiamento, portano all’insonnia.
La ricerca ha anche chiarito l’apparente contraddizione con uno studio del 2017, che indicava al contrario che l’attivazione dell’interruttore svegliava i topi: “abbiamo scoperto che quando questi neuroni vengono stimolati da una a quattro volte al secondo addormentano il cervello”, spiega Clifford Saper, uno degli autori, “invece quando vengono stimolati più velocemente, com’era accaduto nello studio del 2017, si disattivano completamente”.
I ricercatori hanno anche notato che l’attivazione continua dell’interruttore nei topi porta a una drastica riduzione della temperatura corporea di cinque o sei gradi. Per questo motivo si ritiene che gli stessi neuroni potrebbero essere coinvolti anche nel sonno prolungato e nel notevole calo di temperatura degli animali che vanno in letargo.