Alte concentrazioni nel sangue di vitamina D potrebbero svolgere il ruolo di scudo protettivo contro il tumore del colon-retto. A tornare su un argomento largamente trattato in letteratura è uno studio internazionale nato dalla collaborazione di ricercatori europei, americani e asiatici, pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute.
Premessa
Oltre ad esser disponibile sotto forma di integratori, la vitamina D è sintetizzata nella pelle attraverso l’esposizione alla luce solare e in percentuali minori proviene dagli alimenti, come pesce, carne e cereali. Nota per il suo ruolo nel mantenimento della salute dell’osso, è stato già ipotizzato che possa ridurre il rischio di sviluppare tumori del colon retto attraverso diverse vie metaboliche implicate nella regolazione cellulare. Tuttavia studi precedenti non davano risposte univoche in materia. Per fare chiarezza su questo, ad unire le loro forze sono stati quasi 20 centri di ricerca medica di altissimo livello tra cui quello dell’American Cancer Society, l’Harvard T.H. Chan School of Public Health e ll’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Il rischio di sviluppare cancro del colon-retto nel corso della vita riguarda “una donna su 24 e di un uomo su 22” ed “è la seconda causa di decessi attribuibili a tumore in entrambi i sessi”, spiega Sabina Sieri, epidemiologa presso la Fondazione IRCCS-Istituto Nazionale dei Tumori e co-autore dell’articolo.
Lo studio
I ricercatori hanno analizzato 5.700 casi di tumore del colon-retto e 7.100 casi controllo, appartenenti a 17 coorti. Rispetto ai soggetti con concentrazioni di vitamina D circolanti ritenute adeguate per la salute dell’osso (tra 50 e 62 nmol/L), quelli con concentrazioni più basse hanno presentato un rischio maggiore del 31% di sviluppare questa neoplasia nel corso di un periodo di follow up di circa 5,5 anni. Quelli invece che presentano livelli ematici di vitamina D superiori (75-100 nmol/L) a quelli consigliati avevano un rischio inferiore del 27% di andare incontro a tumore del tratto colorettale. Protezione che si presentava però in modo più evidente nelle donne. Ciò suggerisce, conclude Sieri, che i livelli “raccomandati per la salute delle ossa potrebbero essere inferiori a quelle che sarebbero ottimali per la prevenzione del tumore del colon-retto”.