Quella dei mammut fu un’estinzione ‘annunciata’. A dirlo è il Dna. La loro scomparsa venne, infatti, preceduta da due campanelli d’allarme: una prima crisi, che li decimò per cause ancora misteriose 300.000 anni fa, e poi un secondo e più grave declino alla fine dell’ultima glaciazione che comportò una drastica riduzione della biodiversità fino all’estinzione. È quanto emerge dal confronto dei primi due genomi di mammut lanosi interamente sequenziati.
Le analisi, pubblicate su Current Biology, sono state condotte da un gruppo internazionale di esperti provenienti da Svezia, Russia, Stati Uniti e Canada e coordinate da Love Dalen del Museo di Storia Naturale di Stoccolma. Il primo genoma appartiene ad un esemplare vissuto 4.300 anni fa nell’isola russa di Wrangler, il luogo dove sono sopravvissuti gli ultimi mammut. Il secondo esemplare, invece, è vissuto in Siberia circa 44.800 anni fa. Dal confronto delle sequenze, è emerso che gli ultimi mammut sopravvissuti avevano una diversità genetica molto ridotta rispetto ai loro antenati. Questo dimostra che vivevano in piccole popolazioni dove erano frequenti gli incroci tra esemplari imparentati fra loro.
Partendo da queste due mappe genetiche, i ricercatori hanno provato a ricostruire la storia delle popolazioni dei mammut lanosi. Sono così giunti alla conclusione che questi giganti della preistoria avevano già subito un duro colpo nel Pleistocene, circa 250.000-300.000 anni fa. Questa drastica riduzione del numero di esemplari, le cui cause non sono ancora state chiarite, sarebbe poi stata seguita da un secondo e più grave declino, alla fine dell’ultima glaciazione, da cui i mammut non si sarebbero più ripresi.