I Pianeti di Trappist-1 non deludono. Sui “magnifici 7” ci sarebbe infatti acqua abbondante, soprattutto su 3 di loro. Aumenta quindi la probabilità di questi pianeti, distanti 40 anni luce, di ospitare la vita.
La scoperta, basata sulle osservazioni del telescopio spaziale Hubble, è stata pubblicata sull’Astronomical Journal e si deve al gruppo coordinato da Vincent Bourrier dell’Università di Ginevra. I pianeti che potrebbero contenere maggiori quantità di acqua sono i più esterni, compresi i pianeti e, f e g che sono nella zona abitabile, ossia la regione intorno alla stella dove le temperature consentono l’esistenza dell’acqua liquida.
I due più interni, Trappist-1b e Trappist-1c, invece ne ospiterebbero di meno. La scoperta è stata possibile misurando con il telescopio gestito da Nasa e Agenzia Spaziale Europea (Esa) la radiazione della stella. Questo ha permesso di calcolare come la sua energia sia cambiata nel corso di 8 miliardi di anni e come abbia influenzato le risorse d’acqua dei sette pianeti.
Secondo i ricercatori i sette pianeti di Trappist-1 si sarebbero formati molto lontano dalla loro stella, in una zona fredda popolata di cristalli di ghiaccio d’acqua, che probabilmente avrebbero catturato durante la formazione. Così si sarebbero creati enormi depositi d’acqua, sia all’interno sia sulla superficie di questi mondi alieni. Grazie alle osservazioni e ai calcoli è stato stimato che negli ultimi 8 miliardi di anni il calore della stella potrebbe aver fatto evaporare soprattutto l’acqua dei pianeti più interni, che ne avrebbero perso una quantità pari a 20 volte quella contenuta negli oceani della Terra.
I cinque più esterni invece ne avrebbero perso una quantità inferiore, pari a tre volte quella degli oceani della Terra e potrebbero avere ancora molta acqua allo stato liquido sia nel sottosuolo sia sulla superficie. ”In termini di abitabilità, questo è un passo positivo per dire che le speranze sono ancora alte” ha rilevato uno degli autori, Julien de Wit, del Massachusetts Institute of Technology (Mit).
Tuttavia, ha aggiunto, ”abbiamo bisogno di raccogliere ulteriori informazioni e vedere veramente l’acqua, che non abbiamo ancora osservato”. Con questo obiettivo i ricercatori pianificano un’altra campagna di osservazioni con il telescopio Hubble, in cerca soprattutto di nuvole di idrogeno nell’atmosfera dei pianeti, che sono l’indizio della presenza di vapore d’acqua. Se l’atmosfera di un pianeta ha vapore acqueo, le radiazioni ultraviolette possono infatti rompere le molecole di vapore, liberando l’ossigeno e l’idrogeno, come succede sulla Terra. Poiché l’ossigeno è più pesante scende sulla superficie, mentre l’idrogeno sale verso gli strati più esterni dell’atmosfera.