Gestione della malattia, soprattutto in particolari gruppi di pazienti, e scelta delle opportune terapie per via sistemica, prendendo in considerazione anche i nuovi farmaci biologici, che hanno rivoluzionato il trattamento della psoriasi. Sono questi i punti fondamentali affrontati da 20 dermatologi che hanno stilato le linee guida italiane per trattare al meglio la psoriasi cronica a placche, una malattia dermatologica che nella forma più grave risulta invalidante e porta spesso i pazienti a soffrire di notevole disagio, anche a livello sociale.
Secondo gli esperti, coordinati da Paolo Gisondi, del Dipartimento di Medicina della Sezione di Dermatologia e Venereologia dell’Università di Verona, “la necessità di avere delle linee guida italiane dipende dal fatto che tra i vari Paesi europei ci sono differenze in termini di disponibilità e rimborsabilità dei farmaci”. Il documento è stato condiviso e approvato da tutti gli specialisti coinvolti, che hanno elaborato il testo seguendo il metodo Delphi, usato proprio per ottenere il consenso tra esperti quando ci sono evidenze insufficienti o contraddittorie su un determinato argomento. Le linee guida sono state quindi recentemente pubblicate sul Journal of the European Academy of Dermatology and Venerology, giornale ufficiale della Società Europea di Dermatologia e Venereologia.
La psoriasi nella pratica clinica
Misurare la gravità della psoriasi è molto importante. Esistono vari indici per misurare la gravità della psoriasi: PASI (Psoriasis Area Severity Index), che valuta le lesioni in base alla loro estensione e alle caratteristiche di eritema, infiltrazione e desquamazione, Body Surface Area (BSA), che misura la percentuale di superficie cutanea coinvolta dalla psoriasi, ed il Physician Global Assessment, una valutazione qualitativa eseguita dal medico.
Accanto a questi indici, però, negli ultimi anni gli specialisti hanno sentito il bisogno di valutare anche la qualità della vita del paziente e l’impatto che ha questo aspetto nel condizionare la gravità della malattia. Così, sebbene convenzionalmente sia definita ‘grave’ una psoriasi con BSA superiore al 10%, se ad essere interessate sono le aree cosiddette ‘sensibili’, come volto, mani, unghie e genitali, la psoriasi si configura come grave e può richiedere un trattamento sistemico. In ogni caso, nelle linee guida, gli esperti italiani hanno identificato i più importanti fattori che influenzano la gravità della psoriasi. Vediamo di seguito
Fattori che influenzano la gravità della psoriasi
- estensione superficie corporea coinvolta
- eritema, infiltrazione e desquamazione delle lesioni della pelle
- localizzazione delle lesioni in aree sensibili come faccia, unghie, genitali, mani
- sintomi cutanei come prurito e dolore
- impatto sulla qualità della vita
- nessuna risposta al trattamento topico e/o sistemico
- attività della malattia (continua comparsa di nuove lesioni)
- frequenza e gravità delle recidive dopo sospensione del trattamento
- durata della malattia
- comorbidità
Per capire, invece, se una terapia sia efficace o meno, i dermatologi prendono in considerazione la variazione dell’indice PASI rispetto all’inizio del trattamento, una valutazione che andrebbe fatta ogni 8-12 settimane durante la terapia. Un miglioramento clinico rilevante corrisponde a una variazione del 75%, nota come PASI75, anche se sarebbe auspicabile una risposta del 90% (PASI90), specialmente nei casi più gravi. Il mancato raggiungimento del PASI50, invece, è considerato una risposta insoddisfacente al trattamento.
Le terapie disponibili
Per iI trattamento della psoriasi esistono terapie topiche, sistemiche o la fototerapia. Per quel che riguarda i trattamenti locali, il principale problema è l’aderenza, che generalmente si riduce col tempo, rendendo la terapia poco efficace. Nei casi più gravi, invece, vi è indicazione alla terapia sistemica
Le terapie sistemiche descritte dalle linee guida includono la fototerapia, tramite UVB a banda stretta o tramite fotochemioterapia PUVA (psoralene associato a UVA), i farmaci sistemici ciclosporina, methotrexate e acitretina, considerati terapie ‘tradizionali’ e che sono i medicinali di primo livello; apremilast, che inibisce la fosfodiesterasi 4, i farmaci biologici come etanercept, infliximab e adalimumab, che bloccano il fattore di necrosi tumorale-α (anti TNF-α), ustekinumab, inibitore della interleuchina IL12/23, e secukinumab, inibitore di IL-17A.
La scelta della terapia si basa su gravità della malattia, localizzazione, presenza di artropatia psoriasica e altri elementi legati al paziente, come età, sesso e comorbidità. In ogni caso, dal momento che la psoriasi è una malattia cronica recidivante, la maggior parte dei pazienti ha bisogno di trattamenti a lungo termine. Vediamo qui riassunte le indicazioni per il trattamento sistemico della psoriasi.
Indicazioni per il trattamento sistemico per la psoriasi
- Psoriasis Area and Severity Index (PASI) maggiore o uguale a 10
- PASI inferiore di 10 ma con il coinvolgimento di aree sensibili come mani, zona palmoplantare, genitali, volto o unghie
- Superficie cutanea coinvolta maggiore o uguale a 5%, ma resistenza ai trattamenti topici o in pazienti che rifiutano terapia topica
- Superficie cutanea coinvolta minore del 5% con lesioni disseminate
- Impatto rilevante sulla qualità di vita (Dermatology Life Quality Index maggiore o uguale a 10
- artrite psoriasica attiva
- psoriasi associata con sintomi importanti (prurito, bruciori) che non sono controllabili con la terapia per via topica
I principali problemi legati all’uso prolungato dei farmaci per la psoriasi sono tollerabilità ed eventi avversi. I farmaci biologici sono in genere molto più tollerati rispetto alle terapie tradizionali, ma possono esporre il paziente a un maggiore rischio d’infezioni, soprattutto delle vie aree. Il vantaggio principale dei farmaci biologici rispetto ai tradizionali è la maggiore efficacia e tollerabilità in caso di terapie croniche, continuative. Tuttavia, una parte dei pazienti risponde poco alla terapia anche coi farmaci biologi che nel tempo possono perdere o ridurre la loro efficacia per vari motivi. In questi casi si può cambiare trattamento biologico.
Terapie complementari e stile di vita
La paura degli effetti collaterali porta molti pazienti a cercare trattamenti alternativi. In Italia, il rimedio più usato è la balneoterapia termale. Nonostante diversi studi abbiano confermato le proprietà antiinfiammatorie della balneoterapia termale, secondo gli esperti, però, non ci sarebbero prove certe sull’efficacia di questi trattamenti.
Diversi studi hanno, invece, dimostrato l’associazione tra la psoriasi e l’obesità, l’abuso di alcolici e il fumo di sigaretta. Per quel che riguarda il fumo, ci sono dati che dimostrano che questa abitudine avrebbe un impatto dose-dipendente sulla psoriasi. Mentre l’obesità è un fattore di rischio per la psoriasi e per la artropatia psoriasica, e la perdita di peso corporeo in eccesso nei pazienti obesi può aumentare la risposta clinica ai trattamenti sistemici.
Infine, i pazienti con psoriasi grave dovrebbero essere regolarmente controllati per valutare ansia, depressione e pensieri suicidi e in caso di necessità ricevere un supporto psichiatrico o psicologico.
La terapia della psoriasi in particolari popolazioni di pazienti
Bambini. Nei pazienti pediatrici o in età adolescenziale, se non è possibile tenere sotto controllo la psoriasi con la terapia topica, dovrebbero essere presi in considerazione i trattamenti sistemici. In particolare, etanercept, adalimumab e ustekinumab sono stati specificatamente approvati in età pediatrica, mentre methotrexate, ciclosporina, acitretina, infliximab, secukinumab e apremilast sono off-label.
Anziani. Per quel che riguarda il trattamento dei più anziani, invece, partendo dal presupposto che i farmaci approvati per gli adulti sono indicati anche in questa popolazione di pazienti, è importante sottolineare prima di tutto che gli anziani hanno maggiori comorbilità, il che richiede la somministrazione di più farmaci, che possono interagire tra loro. Ciclosporina e methotrexate sono i farmaci che possono avere più interazioni farmacologiche. Il methotrexate, inoltre, è eliminato più lentamente nelle persone anziane, che hanno solitamente una ridotta clearance renale.
Un altro problema è dovuto al fenomeno dell’immunosenescenza, che porta a una riduzione dell’attività immunitaria negli anziani e che predispone queste persone allo sviluppo di malattie infettive. Gli esperti hanno concluso che nei pazienti anziani opportunamente monitorati e diagnosticati, tutte le terapie possono essere usate in sicurezza.
Donne in gravidanza o che programmano una gravidanza. In gravidanza, l’andamento della psoriasi è variabile: nel 50% circa delle donne migliora, ma nel 23% la malattia peggiora. I corticosteroidi per via topica di media potenza, per periodi limitati, sono la terapia preferibile, mentre l’uso a lungo termine di steroidi potenti potrebbe portare a basso peso del neonato alla nascita. Sempre per quel che riguarda prodotti a uso topico, il tazarotene è teratogeno ed è dunque da evitare, così come non si dovrebbero usare creme a base di acido salicilico, carbone minerale e calcipotriolo.
Per quel che riguarda i trattamenti sistemici, la fototerapia con UVB a banda stretta è considerata sicura. Tuttavia, dal momento che la fototerapia degrada l’acido folico, alle pazienti che si sottopongono a questo trattamento dovrebbe essere somministrato acido folico. Gli psoraleni, invece, sono noti mutageni e la terapia PUVA è dunque controindicata in gravidanza.
Passando ai farmaci, l’acitretina è teratogena, quindi è controindicata. Lo stesso dicasi per il methotrexate, abortivo e teratogeno, che dovrebbe essere sospeso tre mesi prima dell’eventuale gravidanza programmata. La ciclosporina, invece, non avrebbe effetti teratogeni, ma il suo uso potrebbe essere associato a tossicità per il neonato.
I farmaci biologici, infine, non sono tossici per il feto, ma dal momento che dalla 16a settimana al terzo trimestre di gravidanza le immunoglobuline G attraversano la placenta e sono vengono trasportate al feto, vanno sospesi in caso di gravidanza.
Pazienti con infezione concomitante da virus dell’epatite C o B. Dal momento che i trattamenti immunosoppressivi possono determinare una riattivazione delle infezioni da virus dell’epatite C o B, è importante eseguire lo screening per HBV e HCV prima di iniziare la terapia con farmaci biologici, con methotrexate o ciclosporina.
Il beneficio della terapia sistemica per la psoriasi in questi pazienti, dunque, deve essere ben valutato rispetto al rischio di riattivazione dell’infezione virale, preferibilmente collaborando con un epatologo o un infettivologo. In caso di epatite B, la riattivazione può essere prevenuta con la profilassi attraverso l’assunzione di antivirali, come la lamivudina.
In generale, le terapie topiche sono più sicure, insieme alla fototerapia con UVB a banda stretta. Nei pazienti con infezione da HCV, la ciclosporina ed i farmaci biologici possono essere usati monitorando regolarmente gli esami di funzionalità epatica. Il methotrexate, invece, è controindicato, mentre l’acitretina dovrebbe essere usata con cautela.
Pazienti con infezione da HIV. La psoriasi può peggiorare nei pazienti con infezioni da HIV. In questi casi la collaborazione con l’infettivologo è fondamentale per ottimizzare il trattamento antivirale. La terapia per via topica e la fototerapia sono il trattamento di prima scelta.
Bisogna però considerare che i pazienti con HIV possono andare incontro a fotosensibilizzazione a causa dei farmaci antivirali che assumono per bloccare la replicazione del virus HIV. L’acitretina, invece, dovrebbe essere usata come terapia di seconda linea e comunque prescritta con cautela in combinazione con gli inibitori delle proteasi, come l’indinavir, che potenziano gli effetti avversi dei retinoidi. Il methotrexate e la ciclosporina, infine, dovrebbero essere usati solo in casi gravi e refrattari.
Secondo gli esperti, comunque, il ricorso ai farmaci biologici dovrebbe avvenire solo nei casi più gravi di psoriasi, quando le altre terapie si sono mostrate inefficaci, e sempre in collaborazione con un infettivologo.
Pazienti con tubercolosi latente. La tubercolosi latente è una forma quiescente e asintomatica di tubercolosi. Il batterio, però, è vivo nell’organismo e potrebbe risvegliarsi se il paziente è trattato con farmaci biologici, in particolare con gli anti TNF-α. In Italia, la prevalenza di tubercolosi latente nei pazienti con psoriasi è dell’8,2%. Dunque fare uno screening per la tubercolosi è fondamentale nei pazienti che iniziano la terapia con farmaci biologici.
Il monitoraggio della tubercolosi dovrebbe essere ripetuto periodicamente in corso di terapia con farmaci biologici. Nel caso di tubercolosi latente, la terapia biologica potrebbe essere prescritta comunque, purché in associazione alla profilassi antitubercolare, in genere con isoniazide.
Pazienti con neoplasie. I pazienti che hanno avuto un tumore devono essere trattati con cautela con i farmaci sistemici immunosoppressori e con i biologici, soprattutto se la neoplasia è stata diagnosticata e trattata da meno di cinque anni.
Nei pazienti oncologici, i dermatologi consigliano di trattare la psoriasi per via topica e/o con fototerapia e/o acitretina. Se queste terapie non fossero efficaci, può essere prescritto il methotrexate, mentre la ciclosporina è controindicata. Nel caso in cui ci fosse bisogno di una terapia con un farmaco biologico, infine, questo andrebbe discusso caso per caso con l’oncologo.
Pazienti che si sottopongono a intervento chirurgico. La terapia con farmaci biologici in pazienti con psoriasi che si sottopongono a intervento chirurgico non aumenterebbe il rischio di complicanze post-operatorie, mentre la sospensione potrebbe aumentare il rischio di riacutizzazioni della psoriasi. In caso di un intervento di chirurgia maggiore, come ad esempio la chirurgia addominale o toracica, comunque è consigliabile sospendere il trattamento coi farmaci biologici. Non vi è tale necessità, invece, in caso d’intervento di chirurgia minore, come l’asportazione di un nevo.
Le possibilità terapeutiche per chi soffre di psoriasi sono, dunque, molteplici ed efficaci. Le linee guida, secondo quanto sottolineato dagli stessi autori, non vogliono comunque sostituirsi all’esperienza e alla professionalità dello specialista. In ogni caso offrono ai dermatologi delle raccomandazioni che consentono di migliorare l’approccio terapeutico al paziente.