(Reuters Health) – È stato individuato un algoritmo a duplice biomarker che appare in grado di identificare, con un semplice esame del sangue, i pazienti a rischio di malattia letale da rigetto (graft-versus-host disease– GVHD) a partire dal settimo giorno dopo un trapianto di cellule ematopoietiche (HCT), cioè ben prima dello sviluppo della malattia conclamata. La GVHD è una delle principali cause di mortalità senza recidiva (NRM) dopo un trapianti di cellule ematopoietiche, con ben il 60% dei pazienti che sviluppano una GVHD acuta in un tempo medio di un mese dopo il trapianto. Recentemente è stata avvalorata la capacità predittiva di tre biomarcatori plasmatici – TNFR1, ST2, e REG3alpha – per quanto riguarda la mortalità senza recidive (NRM) e la risposta al trattamento.
Lo studio
Partendo da queste premesse James L. M. Ferrara e colleghi, della Icahn School of Medicine del Mount Sinai, di New York City, hanno tentato di determinare se uno o più di questi marcatori potesse costituire un vero e proprio segno predittivo di NRM e GVHD subito dopo un trapianto di cellule emotopoietiche e prima dello sviluppo della malattia conclamata. Hanno così evidenziato che il modello predittivo più accurato è quello relativo alle concentrazioni di ST2 e REG3alpha, già sette giorni dopo un HCT. Questo modello ha permesso l’individuazione di un gruppo ad alto rischio nel set di prova, il cui NRM è stato del 28%, e di un gruppo a basso rischio, in cui il tasso di NRM era significativamente inferiore (7%). In generale, i ricercatori hanno visto che i pazienti ad alto rischio avevano il triplo di probabilità di morire di GVHD, rispetto ai pazienti a basso rischio. Inoltre, i pazienti ad alto rischio mostravano anche il doppio di possibilità di GVHD refrattaria agli steroidi e il doppio di GVHD gastrointestinale in forma gravissima, rispetto ai pazienti a basso rischio. “Se questo test porta a un intervento precoce che impedisce GVHD letali, renderà il trapianto di midollo più sicuro e la migliore opzione per i pazienti che potrebbero trarne beneficio”. “Prima che diventi uno standard della terapia, – dicono gli autorie dello studio – abbiamo bisogno di dimostrare che agendo su questo test si possono impedire le complicazioni più temute; cioè la forma letale di GVHD. Tali prove sono già in fase di progettazione. Se il trattamento precoce dei pazienti ad alto rischio migliora, allora l’algoritmo sarà utile nella pratica clinica generale del trapianto di midollo.Il nostro obiettivo con le nuove prove è quello di ridurre del % il tasso di mortalità da GVHD nei prossimi 5 anni”.
Fonte: JCI Insight 2017
Will Boggs
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)