Intervenire sul ‘microambiente tumorale’ in modo tale da aumentare l’efficacia dei farmaci che combattono quel tumore, riducendone al tempo stesso la tossicità. L’innovativo approccio è stato messo a punto dal gruppo di ricerca coordinato da Nicola Baldini del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’Università di Bologna e svolto all’Istituto Ortopedico Rizzoli.
Il team di ricerca è da tempo impegnato nello studio del comportamento dei tumori ossei. Grazie a ricerche condotte anche a Bologna è noto da tempo che per molti tumori, come ad esempio l’osteosarcoma (il tumore maligno primitivo più frequente dello scheletro) la resistenza ai farmaci antitumorali è legata alla sovraespressione della glicoproteina P, una pompa transmembrana che riduce la concentrazione di farmaco all’interno delle cellule tumorali, limitandone così l’efficacia. Più di recente il gruppo guidato da Baldini ha chiarito che questa resistenza dei tumori ai farmaci antitumorali non è legata a un singolo fattore, ma deriva piuttosto dal modo in cui le cellule interagiscono all’interno del ‘microambiente tumorale’.
La nuova ricerca, da poco pubblicata su Oncotarget, fa un ulteriore passo avanti in questa direzione, descrivendo per la prima volta la resistenza ai farmaci antitumorali come conseguenza dell’acidificazione dello spazio extracellulare causata dal metabolismo alterato delle cellule tumorali. Il ‘microambiente tumorale’, insomma, avrebbe un ruolo determinante nel regolare le relazioni tra le cellule. Tanto che – sottolinea il nuovo studio – riducendo il pH (ovvero aumentando il livello di acidità) del fluido che circonda le cellule tumorali si genera in brevissimo tempo una drastica riduzione della quantità di farmaco in grado di entrare nella cellula, indipendentemente dall’attività della glicoproteina P.