Real World Data. L’esperienza del Veneto al Regional Summit di Di.Co Sanità

I trial clinici randomizzati e controllati rappresentano il gold standard per la valutazione dell’efficacia e della sicurezza di un farmaco. Mella pratica clinica, tuttavia, i pazienti sottoposti a un trattamento con lo stesso farmaco possono avere caratteristiche ben diverse da quelle dei pazienti selezionati, secondo caratteristiche ben precise, per le sperimentazioni cliniche. Da qui l’importanza dei Real World Data (RWD) e della Real World Evidence (RWE) che, partendo dai risultati emersi nei trial clinici, permettono di scoprire ancora più cose sugli effetti di un farmaco su una popolazione di pazienti più ampia e variabile. Effetti che vanno registrati e validati allo scopo di perfezionare, sulla base delle evidenze emerse, i percorsi terapeutici. Il tutto a vantaggio del paziente, ovviamente, ma anche del sistema, consentendo un uso più appropriato delle risorse.

Il percorso fin qui descritto deve, però, essere supportato da un efficace ed efficiente ecosistema digitale. Nel contesto sanitario attuale, la Regione Veneto si pone all’avanguardia nell’utilizzo dei Real World Data per consolidare decisioni di governance e terapeutiche più aderenti ai bisogni dei pazienti e ai percorsi di innovazione organizzativa e medico-scientifica.

A raccontare le sfide e le opportunità dei Real World Data e della Real World Evidence, e di come la Regione Veneto le sta affrontando, sono stati Silvia Adami, Direzione farmaceutica, protesica, dispositivi medici Regione Veneto; Gianluca Trifirò, Professore Ordinario di Farmacologia – Dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica Università di Verona; Eliana Ferroni, UOC Servizio Epidemiologico, Azienda Zero, Regione Veneto; Massimo Fusello, Vicepresidente SVEMG, Scuola Veneta di Medicina Generale; Caterina Pastori, MMG AULSS 9 Scaligera SIMG Verona, ospiti dell’ultimo Regional Summit di Sics, condotto da Corrado de Rossi Re, Direttore di Sanità Informazione, e andato in onda il 28 novembre e promosso nell’ambito del progetto di Digitalizzazione Collaborativa Di.Co. lanciato da Bayer Italia per favorire sinergie tra soggetti pubblici e privati per una sanità sempre più a portata del cittadino.

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La Real World Evidence, come ha tenuto a precisare Silvia Adami, “non sostituisce il trial clinico randomizzato e controllato, che rappresenta il gold standard per la valutazione di un farmaco sotto il profilo dell’efficacia e della sicurezza. Il ruolo della Real World Evidence è complementare e fondamentale, perché permette di integrare, nel lungo termine e su una popolazione di pazienti molto più varia, le evidenze emerse nel setting pre-marketing. Nella realtà clinica, infatti, la popolazione che assumerà un farmaco è generalmente molto diversa da quella arruolata nelle sperimentazioni cliniche, che tendenzialmente escludono sottogruppi di pazienti come gli anziani, i bambini o le donne in gravidanza. Persone che, tuttavia, nella vita vera possono avere necessità di assumere quel farmaco, con tutto ciò che le proprie condizioni di partenza comportano. Anche per questi pazienti abbiamo bisogno di avere dati di efficacia e sicurezza, che ricaviamo attraverso i RWD e la RWE”.

Adami ha quindi spiegato che la Regione Veneto ha messo sul campo, negli anni, numerosi strumenti di RWE, “dai registri per patologia ai flussi sanitari correnti, come le SDO, i dati di PS, della farmaceutica e dei dispositivi medici. Sono strumenti preziosissimi per ottenere informazioni importati sui cui basare la nostra programmazione regionale. Ma a patto che i dati raccolti siano di qualità. I dati devono essere tanti, validati e completi”.

Gli ha fatto eco Gianluca Trifirò, ribadendo anzitutto come gli studi sperimentali restino i gold standard ma sottolineando come, in certi ambiti, “penso alle malattie rare, non sempre si è in grado di condurre sperimentazioni. In questi casi i RWD diventano fondamentali per valutare il rapporto tra efficacia e rischio di una terapia”. Come già detto, però, anche le sperimentazioni che arruolano un consistente numero di pazienti non potranno mai avere una rappresentazione completa della popolazione, oggi sempre più composta da anziani e pazienti con cronicità e comorbidità. “Ci sono tantissimi casi in cui il profilo di efficacia e sicurezza di un farmaco va rivalutato per adattarlo a una specifica realtà, il Real World è un tassello fondamentale per una sanità efficiente ed efficace”.

Tuttavia non sempre a facile raccogliere dati chiari, completi e corretti in ogni ambito. Nonostante gli sforzi, ha infatti spiegato Caterina Pastori, “sul territorio i dati vengono gestisti spesso in modo un po’ artigianale, scambiati a voce o con una mail. Questo rende il sistema non rapido, non completo e neanche efficiente. Parliamo di dati vita reale importantissimi, perché quelli sul territorio, quelli dei medici di medicina generale, sono bagagli di dati enormi. Dati che oggi restano sottoutilizzati rispetto alle informazioni che sarebbero in grado di offrire. Pensiamo solo a quanto sarebbe più facile rilevare le criticità e intervenire con soluzioni tempestive se si avessero informazioni complete sui percorsi assistenziali sanitari e sociali”.

Eliana Ferroni ha portato al Regional Summit l’esperienza dell’UOC Servizio Epidemiologico Azienda Zero della Regione Veneto. “E’ un servizio di supporto alla Regione per la programmazione sanitaria, avendo la possibilità di analizzare molti dati provenienti da oltre 40 flussi informativi sanitari. Attraverso l’analisi di questi dati riusciamo a monitorare lo stato di salute della popolazione, grazie anche al monitoraggio dei PDTA ed alla valutazione degli indicatori di programmi nazionali di valutazione degli esiti come il PNE. Tutto questo lavoro viene anche integrato con gli Audit svolti nelle Aziende sanitarie, altro utilissimo strumento di conoscenza. Realizziamo, inoltre, una serie di report con i dati regionali provenienti dai Registri di patologia previsti dalla programmazione regionale ed afferenti al Servizio Epidemiologico.

“Senza dati, non si va da nessuna parte”, ha detto chiaramente Massimo Fusello. Che parlando di medicina di famiglia ha distinto “due tipologie di dati utilissimi”. La prima fa riferimento ai dati contenuti all’interno della cartella clinica e nei software di supporto alle decisioni, “che rappresentano un’arma in più per i medici di medicina generale”. Ci sono poi i dati di attività del medico, “da cui possiamo trarre informazioni sulle caratteristiche dei pazienti di ciascun medico, sul numero di contatti che ogni paziente ha con il proprio medico, quindi sul carico di lavoro di ogni singolo medico, che nei nostri report appare in forte crescita e che è, per lo più, un carico burocratico-amministrativo, ma anche assistenziale in una popolazione che è sempre più anziana. Questi dati permettono anche di capire se un medico che prescrive molto lo fa in modo inappropriato o perché assiste un forte numero di pazienti anziani, ad esempio. Sono informazioni essenziali per la Regione, per fare programmazione e prendere le decisioni politiche più opportune”.

Quali, dunque, le sfide future?

Una sfida importante che sta affrontando il Servizio Epidemiologico “è legata alla messa a regime di nuovi flussi informativi, in particolare quelli territoriali”, ha riferito Eliana Ferroni. Tra le priorità su cui lavorare, per Ferroni, vi è anche la possibilità di rendere accessibile e fruibile il dato, una volta valutato e validato. “Questo potrà essere possibile attraverso il potenziamento di una piattaforma digitale dove inserire i dati e renderli accessibili a diversi livelli, a seconda dell’utente”. Un’altra attività rilevante è lo sviluppo degli algoritmi per il calcolo degli indicatori di monitoraggio dei PDTA, “che vanno elaborati in maniera certosina, anche e soprattutto attraverso la collaborazione tra metodologi e clinici”.

Per Gianluca Trifirò la prima sfida è quella di “un salto culturale” che, tra le altre cose, permetta all’AIFA di adeguarsi “a quanto fatto da FDA, EMA e NICE con lo sviluppo di linee guida specifiche sull’utilizzo del RWE a supporto dell’attività regolatorie”. Altrimenti “continuiamo a raccontarci quanto sia importante la RWE ma senza riuscire a metterla a sistema”.

Un percorso che, per Trifirò, deve avvenire anche attraverso “un’azione concertata con i varie stakeholder, comprese le aziende farmaceutiche e le Regioni”.

Tra le opportunità, Caterina Pastori pone l’accesso sull’utilizzo dei RWD per “confrontare il percorso assistenziale di ogni paziente rispetto a quello atteso, cioè ai Pdta”, ma anche per raccogliere informazioni utili alla “stratificazione del rischio, allo scopo di gestire meglio le cronicità”. Ancora, “sarebbe importante raccogliere dati anche dalla prospettiva del paziente, cioè sulla sua qualità di vita, per costruire percorsi più adatti in base alle esigenze”. Infine utilizzare i dati di real life “per conoscere l’aderenza e la persistenza farmaceutica dei pazienti, ma anche per praticare la de-prescrizione, consapevoli che oggi molti pazienti assumono farmaci che non gli sono più utili”. La de-prescrizione è “importantissima, per la salute del cittadino ma anche per la governance economica”.

Massimo Fusello sogna una medicina di famiglia che possa trattare i dati clinici e quelli amministrativi secondo flussi ben codificati e integrati: “Dove questo è avvenuto, si sono ottenuti risultati straordinari. La priorità, dunque, è avere un’unica cartella clinica per tutti i medici e un’unica modalità di registrare i dati”.

“La Regione Veneto –   ha detto Silvia Adami chiudendo il confronto – ha lavorato per rendere operativi registri ed è costantemente impegnata a migliorare questa attività, che permette di avere un patrimonio informativo”. Ha quindi annunciato che la Regione ha anche istituito un gruppo di lavoro sui farmaci biologici che avrà il compito di produrre linee di indirizzo e indicatori di appropriatezza prescrittiva, per garantire ottime cure e uniformità di accesso su tutto il territorio regionale”.

Lucia Conti

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