Scompenso Cardiaco, con la telemedicina meno ri-ospedalizzazioni e più qualità di vita. L’esperienza della Puglia al Regional Summit di Di.Co Sanità

Lo scompenso cardiaco è una malattia cronica con prognosi sfavorevole, fatale per il 50% dei pazienti entro cinque anni dalla diagnosi. In Italia, colpisce oltre 1 milione di persone (il 2% della popolazione, con una prevalenza che arriva al 15-20% tra gli ultraottantenniI. La durata media di un ricovero è di 9,5-10 giorni, con una mortalità ospedaliera del 6-7%, che sale al 25-28% a un anno. Ogni ricovero costa in media 3.190 euro, contribuendo a una spesa sanitaria nazionale di circa 3 miliardi di euro all’anno. Ma l’uso di tecnologie per la gestione a distanza di questi pazienti potrebbe ridurre i costi, migliorare la qualità della vita dei pazienti e facilitare un approccio multidisciplinare. Ne sono convinti gli ospiti del Regional Summit promosso da Sics nell’ambito del progetto Di.Co Sanità di Bayer Italia dedicato all’esperienza della Regione Puglia, da sempre all’avanguardia sul fronte della sperimentazione di progetti di telemedicina, anche grazie al lavoro svolto dall’Aress, l’Agenzia Regionale Strategica per la Salute e il Sociale.

Ospiti della puntata, condotta da Corrado De Rossi Re, direttore di “Sanità Informazione”, sono stati Vito Montanaro, direttore del dipartimento Promozione della salute della Regione Puglia; Giovanni Migliore, direttore Generale Aress Regione Puglia; Angelo Aloisio, presidente Arca Puglia (Associazione Regionale Cardiologi Ambulatoriali); Natale Daniele Brunetti, direttore Cardiologia Universitaria Policlinico Foggia; Pasquale Caldarola, direttore U.O.C. Cardiologia – Utic con Emodinamica Asl di Bari; Massimo Grimaldi, presidente Anmco (Associazione Nazionale Cardiologi Ospedalieri); Massimo lacoviello, professore associato Malattie Apparato Cardiovascolare Università di Foggia.

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Ad aprire la discussione, illustrando meriti del passato e sfide ancora in corso nella Regione Puglia sul fronte della telemedicina, è stato Vito Montanaro. La Regione Puglia, ha ricordato, è stata una delle prime regioni ad avviare un sistema di telecardiologia nell’ambito del 118 che ha consentito di salvare moltissime vite umani, indirizzando direttamente ai centri di emodinamica i pazienti con sospetto infarto. Un’esperienza che ha consentito alle figure professionali regionale di sviluppare conoscenze e competenze, che hanno posto la base per la nascita di nuovi progetti. Tra questi il progetto Ponte, che consiste nella strutturazione del follow-up ambulatoriale per tutti i pazienti dopo un evento coronarico acuto o dopo ricovero per SC, attraverso il coinvolgimento dei cardiologi dei centri Hub e Spoke, dei cardiologi territoriali e dei Medici di Medicina Generale. “Si tratta di un progetto attraverso il quale, già 10 anni fa, abbiamo immaginato di potere, grazie al telemonitoraggio, trasferire sul territorio il monitoraggio dei pazienti dimessi dall’ospedale. Un modello che permette di alleggerire i servizi ospedalieri garantendo una migliore presa in carico in termini di assistenza che di qualità della vita, perché significa poter seguire il paziente a casa piuttosto che costringerlo a continui trasferimenti verso l’ambulatorio dello specialista”.

Le esperienze pregresse sono state anche prodromiche all’elaborazione di percorsi di teleassistenza e digitalizzazione “molto evoluti anche rispetto ad altre regioni”. La Puglia, ha sottolineato Montanaro, “è best practicer nella implementazione del Fascicolo sanitario elettronico e nell’implementazione della cartella clinica informatizzata. È in fase di completamento lo sviluppo di un sistema unico di cartella clinica regionale”. Non è quindi un caso, per il Direttore del Dipartimento Salute, che la Puglia sia stata scelta con la Lombardia come regione capofila in Italia per l’implementazione di un sistema di telemedicina, sotto il profilo dei software la Lombardia e sotto quello di hardware e servizi la Puglia”.

Montanaro ha poi voluto porre l’attenzione su uno dei punti da non perdere mai di vista: “La qualità dei dispositivi a disposizione, perché lo strumento che mettiamo in mano al medico è uno dei fattori chiave di successo della telemedicina. Dobbiamo avere la garanzia che la televisita restituisca elementi di certezza tali e quali a quelli che offre una visita in presenza”.

Come accennato, i traguardi raggiunti dalla Regione Puglia sul fronte della digitalizzazione e della telemedicina sono legati anche all’attività dell’Aress, guidata dall’inizio del 2024 da Giovanni Migliore, che ha preso il posto di Giovanni Gorgoni, per anni al comando dell’Agenzia. “L’Aress è un’agenzia vivace, un contenitore di idee e di innovazione funzionale alle azioni di miglioramento del Ssr”, ha spiegato Migliore, che è anche presidente Fiaso. L’Aress lavora in stretta collaborazione con il Dipartimento di Salute per elaborare e sperimentare servizi e modelli da implementate all’interno del Ssr; “ma svolge anche ruolo di coordinatore di quelle attività che poi si traducono in atti amministrativi e in PDTA”, ha spiegato Migliore.

Un lavoro che ha reso l’Agenzia “un punto di riferimento nazionale”, anche per quanto riguarda gli obiettivi del DM77, che nella in Puglia “sono stati tradotti con efficacia, e in modo invidiabile, in atti e soprattutto in azioni. Alla Puglia infatti – ha spiegato il Direttore Aress – è bastato consolidare le esperienze già avviate negli anni passati, usando i nuovi strumenti a disposizione, con uno slancio che ci avvicina sempre più ai pazienti. Perché il contributo dell’Agenzia è quello dell’innovazione non fine a se stessa”.

Per raggiungere questi obiettivi e quelli del futuro servono sicuramente tecnologie e investimenti, e in questo senso Migliore ha richiamato anche all’importanza di partnership con l’industria privata, “che ha un ruolo determinante in un paese in cui le risorse pubbliche sulla ricerca non sono infinite”. Per il Direttore Aress ha voluto evidenziare come a fare “la differenza” sia anche “la capacità individuale che viene messa a disposizione del sistema e questo è il tratto caratteristico e il valore dei professionisti della Puglia”, ha concluso.

Che i benefici della telemedicina siano concreti lo ha confermato anche Angelo Aloisio, presidente dell’Associazione Regionale Cardiologi Ambulatoriali sezione Puglia. “Abbiamo analizzato a lungo e in profondità questa modalità di gestione dei pazienti con scompenso cardiaco, che condividiamo a pieno. Seguire i pazienti in follow up è più facile utilizzando la telemedicina e vuol dire seguirli meglio, perché il monitoraggio è continuo rispetto a quel che accade incontrandoli fisicamente una volta al mese o ogni qualche mese. Seguire un paziente in telemedicina consente così di titolare la terapia farmacologica dopo la fase acuta e anche successivamente, e di gestire precocemente un evento di riacutizzazione. Non possiamo che essere favorevoli all’implementazione della telemedicina nel follow up dei pazienti con scompenso cardiaco”.

Per Natale Daniele Brunetti seguire un paziento con scompenso cardiaco attraverso la telemedicina è addirittura “indispensabile” perché si tratta di un paziente complesso, “con una storia clinica che alterna fasi di riacutizzazione a fasi di cronicità che richiede una gestione di prossimità, sul territorio. La telemedicina è l’unico strumento in grado di garantire la presa in carico del paziente con un’interazione ottimale tra ospedale e territorio. Le evidenze scientifiche ci dicono che la gestione la gestione in remoto di questi pazienti consente di ridurre le ospedalizzazioni, quindi i costi di gestione, migliorando la qualità della vita dei malati e dei loro caregiver”.

Concorda Pasquale Caldarora, che evidenzia come molti pazienti con scompenso cardiaco, soprattutto over65, abbiamo condizioni di comorbilità. “La cronicità è la grande sfida ed è evidente che affrontarla attraverso modelli multidisciplinari sia essenziale. Lo scompenso cardiaco è il prototipo di una condizione che richiede un supporto multidisciplinare, dal momento che questi pazienti devono spesso fare i conti anche con malattie renale, diabete, malattie endrocrine e altro ancora. In questo ambito la telemedicina è evidentemente lo strumento ottimale per il raccordo tra tutti i professionisti che oggi si occupano dello stesso paziente ma spesso senza alcun contatto tra loro”.

La sfida è ambiziosa ma i benefici stimati sono immensi. Basti pensare che “il tasso di ri-ospedalizzazione dopo un evento acuto nei pazienti con scompenso cardiaco è del 14% nell’arco di un mese e può essere ridotto quasi del 30% grazie al follow up in telemedicina, come dimostrano alcune metanalisi”.
Restano, tuttavia, ancora delle criticità da superare, “più di tipo organizzativo che non tecnologici”. Tra questi, l’urgenza di “provvedere al riconoscimento di queste prestazioni, perché la Puglia, ad oggi, è l’unica regionale del sud, accanto ad altre 7 regioni del nord, ad avere riconosciuto una tariffa per il telemonitoraggio”.

A proposito di “limiti”, Massimo Grimaldi ha voluto porre l’attenzione su quanto si possa ancora fare per i pazienti con scompenso cardiaco anche senza sistemi sofisticati. “La misurazione quotidiana del peso può sembrare una cosa banale ma è un parametro importantissimo, così come lo è la misurazione della pressione. Il controllo di certi fattori di rischio che ha bisogno di grandi sistemi informatici, però ha bisogno di figure di riferimento deputate a raccogliere queste informazioni”.
Questo non significa che l’introduzione di innovazioni tecnologiche non siano ben viste dal presidente Anmco che, anzi, evidenzia l’impegno dell’associazione in termini di formazione. “La capillare distribuzione di cardiologie a guida Anmco ci obbliga a un lavoro intenso: abbiamo il dovere di alzare l’asticella delle competenze e siamo già molto impegnati su questo fronte”.

Quando si parla di formazione, non si può non chiamare in causa l’Università: “Dobbiamo agire per la formazione sulla gestione in telemonitoraggio dei medici, ma non solo. Questi strumenti, infatti, implicano la presenza di altre figure deputate alla raccolta dei dati, alcune delle quali devono avere anche contezza della clinica per interpretare i segnali che arrivano alla control room”, ha detto Massimo Iacovello. A livello dei corsi di Laurea “non ci sono ancora insegnamenti in grado di soddisfare questa esigenza formativa”, ha spiegato, “ma è qualcosa che si può già sicuramente ottenere nei percorsi post laurea”.
L’Università è però anche il luogo della ricerca, che può inoltre spaziare in diverse direzioni, “dalla realizzazione dei sensori alle app di interfaccia, dalla semplificazione dei modelli di interazione tra paziente e clinico alla ricerca clinica”. L’Università ha anche il compito di “validare questi sistemi e dimostrarne l’efficacia”, ha sottolineato Iacoivello.

A chiudere il confronto Vito Montanaro, che ha chiamato in causa il legislatore, evidenziando come il primo dei problemi sia la scarsità di risorse, che si traduce anche in carenza di capitale umano. “E’ evidente – ha detto il Direttore del Dipartimento Salute della Puglia – che poter contare su organici più consistenti ci permetterebbe di gestire al meglio le nostre unità operative, di garantire la presa in carico dei pazienti lasciando, al contempo, ai professionisti più esperti il tempo di svolgere attività didattica e formativa nei confronti dei giovani o di chi già lavora nel sistema ma ha bisogno di essere in un certo senso riqualificato. Permetterebbe ai professionisti più esperti e alle menti più innovatrici di dedicarsi a programmare lo sviluppo dell’attività. Invece viviamo in un contesto in cui siamo tutti proiettati quotidianamente a risolvere le criticità di tipo emergenziale riservando solo poco tempo a disegnare il futuro”.

Tra le principali questioni con cui è necessario fare i conti, per Montanaro, anche quelle riguardanti il risk management e la responsabilità professionale: “L’Italia è un luogo in cui la telemedicina rischia di fallire per il banale fatto di non avere identificato gli elementi di rischio di un sistema che invece potrebbe, in regime di implementazione totale e anche in una condizione di scarsità di risorse, consentire di raggiungere i 4,5 milioni di pazienti cronici e di produrre più salute ed enormi risparmi”, ha concluso il Direttore del Dipartimento Salute della Puglia.

di Lucia Conti

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