Somministrando alla cellula neuronale una particolare sequenza di amminoacidi è possibile correggere il meccanismo alla base del processo neurodegenerativo del morbo di Parkinson. A dimostrarlo è uno studio del ricercatore palermitano Roberto Di Maio, pubblicato su Science Translational Medicine.
In Italia circa 240 mila persone soffrono di Parkinson, oltre 1,2 milioni in Europa. La malattia è caratterizzata dall’accumulo della proteina Alfa-Sinucleina, che sia durante i normali processi di invecchiamento, che in condizioni patogeniche, tende ad aggregarsi fino a formare strutture fibrillari, un processo strettamente correlato ai fenomeni neurodegenearativi, che sembra essere associato alla disfunzione mitocondriale: è noto infatti che quest’ultima porti a un accumulo di Alfa-Sinucleina, e che alti livelli di questa proteina compromettano la funzione mitocondriale, ma i meccanismi patogenici di questa interazione rimangono oscuri.
“Lo studio svela come la Alfa-Sinucleina alteri la funzione mitocondriale, innescando fenomeni neurodegenerativi nelle aree cerebrali più suscettibili, come nel caso dei neuroni che rilasciano dopamina”, spiega Roberto Di Maio, dal 2008 ricercatore Ri.Med presso l’Università di Pittsburgh. “Alcune forme modificate di Alfa-Sinucleina si legano a un recettore della membrana mitocondriale, noto come Tom20, che riconosce una piccola sequenza di amminoacidi definita Mts (Mitochondrial targeting sequence) e che consente l’importazione delle proteine necessarie alla corretta funzione mitocondriale. L’esame del tessuto cerebrale post-mortem di pazienti affetti da Parkinson ha confermato che l’interazione Alfa-Sinucleina/Tom 20 è associata alla perdita di proteine mitocondriali nei neuroni che rilasciano dopamina, come osservato nei modelli sperimentali. I risultati ottenuti in questo studio hanno, inoltre, consentito di testare il potenziale terapeutico dell’Mts nel prevenire l’interazione tra Tom20 e le forme alterate di Alfa-Sinucleina”.
I risultati evidenziano un grande potenziale terapeutico: somministrando alla cellula neuronale la piccola sequenza di amminoacidi Mts è possibile correggere il meccanismo alla base del danno mitocondriale e impedire così il processo neurodegenerativo del Parkinson. “Questo è solo l’inizio di una serie di studi mirati allo sviluppo di terapie rivoluzionarie nella cura del morbo di Parkinson – afferma Di Maio – Nel corso dello studio ho verificato con i miei occhi la sofferenza causata dalla malattia, sia nel paziente che nei familiari: ora che finalmente abbiamo una strada, dobbiamo percorrerla fino allo sviluppo di terapie efficaci”.
Di Maio si trova all’Institute for Neurodegenerative Diseases dell’Università di Pittsburgh grazie alla borsa di studio post-doc della Fondazione Ri.Med e – una volta realizzato in Sicilia il Centro di ricerche per le biotecnologie e la ricerca biomedica – rientrerà a Palermo in qualità di principal investigator.