Identificare batteri resistenti con morfologia e reti neurali

La scoperta e l’uso degli antibiotici nella seconda metà del XX secolo hanno modificato l’approccio al trattamento e alla prevenzione delle malattie infettive e delle infezioni, consentendo il progresso della medicina contemporanea. Tuttavia, un uso scorretto e non necessario, in alcuni casi sconsiderato, come quello che avviene in agricoltura o in alcune forme di allevamento intensivo per promuovere la crescita degli animali o prevenire malattie, sta minando la loro efficacia sempre di più, portando allo sviluppo di ceppi batterici più resistenti ai trattamenti antibiotici.

L’antibiotico-resistenza è un fenomeno in cui i batteri sviluppano la capacità di sopravvivere all’esposizione ad antibiotici che normalmente sarebbero letali o inibirebbero la loro crescita. Questo problema rappresenta una delle maggiori sfide per la salute pubblica a livello globale, poiché riduce l’efficacia dei trattamenti antimicrobici e porta a infezioni persistenti, maggiori tassi di mortalità, ospedalizzazioni più lunghe e costi sanitari sempre più elevati. Per questo motivo la ricerca scientifica sta implementando strategie nuove e diversificate che permettano di fronteggiare un’emergenza che negli ultimi 15 anni ha messo alla prova i sistemi sanitari di tutto il mondo.

Ma cosa accade esattamente a livello microscopico quando i batteri diventano resistenti? Un nuovo studio pubblicato su Frontiers in Microbiology offre una risposta innovativa a questa domanda, mostrando che la forma dei batteri può essere un importante indicatore di resistenza.

Il team di ricerca guidato da Miki Ikebe dell’Università di Osaka, ha dimostrato che la morfologia batterica cambia non solo quando i batteri vengono esposti agli antibiotici, ma anche quando questi diventano resistenti e vengono osservati in assenza di farmaci. Questo aspetto è particolarmente interessante, poiché suggerisce che i batteri resistenti mantengono caratteristiche uniche che potrebbero essere utilizzate per identificarli più facilmente. I ricercatori hanno coltivato dieci ceppi di Escherichia coli resistenti a vari tipi di antibiotici, e successivamente hanno osservato la loro morfologia utilizzando la microscopia ottica. I batteri resistenti mostravano forme diverse rispetto ai ceppi sensibili: ad esempio, alcuni risultavano più corti o più larghi.

Così, per poter analizzare e comparare le differenze morfologiche osservate, gli autori hanno impiegato un approccio di deep learning definito: deep neural networks, che consente di addestrare il sistema a riconoscere le diverse caratteristiche morfologiche dei batteri e a classificarle con grande accuratezza. Questo sistema ha permesso di identificare con precisione batteri resistenti a chinoloni e β-lattamici, due classi di antibiotici molto utilizzate.

Sebbene i ricercatori sottolineino che non è ancora chiaro se i cambiamenti morfologici osservati nei batteri resistenti siano un fenomeno comune a tutte le specie batteriche o se siano specifici di Escherichia coli, l’importanza di questo studio è duplice. Da un lato, fornisce uno strumento innovativo per scovare i ceppi resistenti agli antibiotici attraverso lo studio della loro morfologia cellulare. Dall’altro, suggerisce che in futuro sarà possibile diagnosticare la resistenza agli antibiotici semplicemente analizzando la forma delle cellule batteriche in un campione di sangue o tessuti infetti, senza dover attendere i lunghi tempi richiesti dagli attuali test di sensibilità agli antibiotici. In contesti clinici con poche risorse o in contesti disagiati, questo approccio potrebbe portare a trattamenti più rapidi e mirati, con un notevole miglioramento delle cure per i pazienti.

di Valentino Ribecco

Source: Frontiers in Microbiology

 

 

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