AutMedAI: il machine learning per la diagnosi precoce dell’autismo sotto i due anni

La diagnosi precoce nei bambini con disturbo dello spettro autistico (ASD), è fondamentale perché consente di avviare interventi mirati e tempestivi, cruciali per migliorare lo sviluppo e la loro qualità di vita. Infatti, intervenire nei primi anni di vita, quando il cervello è più plastico, può favorire l’acquisizione di abilità sociali, comunicative e cognitive, riducendo il rischio di problematiche più gravi in futuro e permettendo alle famiglie di accedere prima ai servizi di supporto. Da qui la necessità di nuovi modelli di studio che permettano di migliorare la diagnosi e anticiparla.

Questo è quello che promette un nuovo studio del Karolinska Institutet di Solna in Svezia appena pubblicato su Jama Network Open. I ricercatori hanno sviluppato un modello di machine learning (ML) chiamato AutMedAI, per la previsione precoce del disturbo dello spettro autistico utilizzando un numero minimo di variabili facilmente ottenibili dalle cartelle cliniche elettroniche. Utilizzando dati come l’età del primo sorriso e altre misure comportamentali, il sistema ha identificato correttamente circa il 78,9% dei casi di autismo nei primi 24 mesi di età. Il modello è stato sviluppato utilizzando il database SPARK che raccoglie dati clinici da oltre 30.000 partecipanti, tra cui persone con una diagnosi di ASD e individui neurotipici.

Le variabili più predittive per la classificazione di ASD includono: comportamento alimentare problematico, controllo intestinale difficoltoso, età in cui il bambino inizia a utilizzare parole o frasi brevi e l’età del primo sorriso.

I risultati dello studio sono significativi poiché gli autori propongono uno strumento innovativo e non invasivo per lo screening precoce dell’autismo, utilizzando un insieme ridotto di informazioni mediche e di background facilmente ottenibili. Inoltre, la capacità del modello di ridurre i tempi e i costi associati ai metodi diagnostici tradizionali, spesso complessi e soggetti a interpretazioni soggettive, rappresenta un progresso rilevante nell’ambito clinico.

Tuttavia, lo studio presenta alcuni limiti da considerare che includono la necessità di validare il modello su popolazioni diverse per garantire la sua generalizzabilità, l’ampia variabilità di alcuni fattori comportamentali anche nei bambini neurotipici, e l’assenza di biomarcatori oggettivi che potrebbero migliorare l’accuratezza della diagnosi.

di V.R.

Source: Jama Network Open

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