Quando parliamo di cancro, non ci riferiamo a una singola malattia che può essere trattata sempre nello stesso modo, ma a oltre 100 diversi tipi di tumore. All’interno di questa diversità esistente tra i diversi tipi di neoplasia, che sono intrinsechi all’organo nel quale hanno origine, è presente una eterogeneità cosiddetta, che si distingue tra vari pazienti affetti dallo stesso tipo di tumore, determinando una diversa risposta ai trattamenti ai quali sono sottoposti. Questo aspetto è cruciale per comprendere i meccanismi alla base di questa variabilità e sulla quale l’oncologia di precisione oggi si concentra.
L’oncologia di precisione combina le caratteristiche cliniche, genetiche e ambientali di un individuo per prevedere il decorso di una malattia, identificare gli individui a rischio e creare strategie per prevenirla. Diagnosticare una malattia in fase precoce quando può essere più facilmente gestita e identificare il trattamento più efficace con i minori effetti collaterali possibili.
Un recente studio pubblicato su Nature Cancer e condotto dai ricercatori del Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles ha introdotto una piattaforma innovativa chiamata “Molecular Twin”, che sfrutta modelli di machine learning e dati multi-omici per prevedere con precisione la sopravvivenza dei pazienti affetti da carcinoma duttale pancreatico (PDAC), una delle neoplasie più aggressive, con un tasso di sopravvivenza estremamente basso. Solo una piccola percentuale di pazienti presenta una malattia localizzata che può essere trattata chirurgicamente, e anche per questi pazienti, le ricadute sono comuni.
La piattaforma sviluppata integra diversi profili molecolari, raccogliendo dati sia dal tessuto tumorale sia dai pazienti, combinando informazioni proteiche, lipidiche, geniche e patologiche in un’unica analisi. Attraverso la raccolta di questi dati e l’uso di modelli di machine learning, i ricercatori sono riusciti a sviluppare pannelli di biomarcatori capaci di predire con grande accuratezza la sopravvivenza dopo la resezione chirurgica in pazienti con PDAC resecabile. I risultati ottenuti, hanno dimostrato che i biomarcatori plasmatici, come le proteine nel sangue, offrono un potere predittivo superiore rispetto all’unico biomarcatore approvato per la gestione diagnostica del PDAC, l’antigene carboidrato 19-9 (CA 19-9), che tuttavia, presenta limiti significativi, con un alto tasso di falsi positivi e circa il 10% di falsi negativi.
I ricercatori sulla base dei risultati ottenuti, hanno così sviluppato un modello da loro definito come: “modello parsimonioso”. Con questo approccio, si riduce il numero di variabili analizzate senza compromettere la precisione delle previsioni ottenute. Infatti nella fase iniziale, i ricercatori hanno lavorato su un ampio set di 6.363 caratteristiche molecolari, provenienti da tutti campioni utilizzati, ma attraverso un processo di eliminazione delle caratteristiche meno informative, hanno scoperto che un modello più semplice, basato solo su 589 di esse, era in grado di mantenere un’accuratezza e un valore predittivo positivo del 85% contro un 53% del CA 19-9.
Utilizzando questo approccio, lo studio ha scoperto che i lipidi e l’RNA plasmatici sono i più importanti predittori di sopravvivenza, suggerendo che in futuro gli esami del sangue di base potrebbero essere utilizzati per determinare scelte terapeutiche critiche, come l’idoneità dei pazienti all’intervento chirurgico.
L’aspetto innovativo e potenzialmente rivoluzionario dello studio, dicono gli autori, è l’applicabilità globale del modello parsimonioso. Riducendo la complessità dei test e mantenendo un alto livello di accuratezza predittiva, questo approccio potrebbe democratizzare l’accesso alla medicina oncologica di precisione. Nei contesti con risorse sanitarie limitate, l’adozione di modelli parsimoniosi basati su analisi del plasma potrebbe rappresentare un passo avanti significativo non solo nella lotta contro il PDAC, ma anche per altri tipi di tumori.
di Valentino Ribecco
Source: Nature Cancer