Epatiti virali, queste sconosciute. Torna la campagna di sensibilizzazione “Epatite C. Mettiamoci un punto”

Un quadro allarmante quello delineato dall’indagine demoscopica “Italiani ed epatiti” condotta da AstraRicerche per Gilead Sciences su un campione di 1000 italiani.

Circa 1 concittadino su 3 (32,1%) afferma di sapere poco o niente delle epatiti. Tra coloro che dichiarano di avere qualche nozione, oltre 1 su 2 non sa esattamente come ci si può ammalare (57,3%); 6 su 10, inoltre, non conoscono i vari tipi di epatite, né gli effetti sulla salute o le condizioni di vita di un paziente. Solo 7 su 10 sanno che i virus possono essere causa delle epatiti (il 58,7% indica i batteri, il 41,5% i parassiti). Meno di 3 su 10, infine, sono informati sulle possibilità di trattamento e cura.

Dati che evidenziano la necessità di un’informazione più capillare sul tema, anche in vista Giornata Mondiale delle Epatiti che si celebra ogni anno il 28 luglio.

È per questo che riparte “Epatite C. Mettiamoci un punto”, la campagna multicanale che ha inaugurato il suo viaggio a Milano con il Tram della sensibilizzazione, in concomitanza con il Congresso EASL, e che arriva a Roma in questi giorni, sugli schermi dei principali snodi ferroviari della capitale, con l’obiettivo di diffondere una maggiore conoscenza dell’epatite C e delle sue modalità di trasmissione, invitando la popolazione a eseguire il test di screening.

La campagna accende i riflettori su un problema di salute pubblica che coinvolge migliaia di persone che convivono con il virus HCV, responsabile dell’epatite C, e non lo sanno, giacché è una malattia che può rimanere silente anche per molti anni.

Questa attività di comunicazione si inserisce in un più ambizioso progetto di lotta alle epatiti virali, per contribuire al raggiungimento degli obiettivi OMS 2030 di eradicazione delle epatiti.

Obiettivi che, a partire dal 2015, sono così scanditi: ridurre del 90% le nuove infezioni di epatite B e C; ridurre del 65% i decessi correlati all’epatite per cirrosi epatica e cancro; garantire che almeno il 90% delle persone con virus dell’Epatite B e C venga diagnosticato; e che almeno l’80% degli eleggibili al trattamento, lo riceva.

“Epatite C. Mettiamoci un punto” è promossa da Gilead Sciences con il patrocinio di 7 Associazioni pazienti – Anlaids Sezione Lombarda ETS, Anlaids Onlus, EpaC – ETS, Associazione Milano Check Point, Cooperativa Sociale Open Group Bologna, Plus Roma, Fondazione Villa Maraini – CRI, di 3 Società Scientifiche – AISF (Associazione Italiana Studio del Fegato), SIMG (Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie), SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali) e della Città Metropolitana di Milano.

Sebbene l’indagine demoscopica rilevi un generale livello di conoscenza piuttosto basso, è chiaro agli intervistati (coloro che affermano di conoscere almeno qualcosa delle epatiti) che si tratta di infezioni potenzialmente gravi: per 8 su 10 (79,4%) possono avere come conseguenza l’insufficienza epatica, per il 72,2% la cirrosi, per il 69,1% la morte prematura, e per il 67,5% il tumore al fegato. Accanto a questa conoscenza persiste però una falsa credenza: per 7 Italiani su 10 le epatiti danno sintomi visibili; solo poco più di 1 su 10 sa che l’epatite C può essere silente.

“L’infezione da HCV può rimanere silente anche per molti anni, danneggiando progressivamente le funzionalità del fegato, senza che se ne abbia consapevolezza – sottolinea Stefano Fagiuoli, Direttore Unità Complessa di Gastroenterologia, Epatologia e Trapiantologia ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo; Gastroenterologia, Dipartimento di Medicina Università Milano Bicocca – Diffondere una corretta informazione sulle epatiti è parte integrante del piano per il raggiungimento degli obiettivi OMS 2030, tra i quali si inserisce l’eradicazione dell’epatite C, patologia oggi curabile per la quale c’è ancora un’importante quota di sommerso”.

“Aumentare la consapevolezza sulle modalità di trasmissione dei virus – continua Fagiuoli – è una strategia di successo per favorire l’accesso ai test di screening e promuovere un percorso di diagnosi e trattamento più precoci. Un risparmio in termini sanitari ed economici, con evidenti ricadute sulla salute”.

Su un punto gli intervistati per la ricerca “Italiani ed epatiti” sono quasi tutti d’accordo: le analisi del sangue sono il modo per accertare l’epatite (83,3%). Con l’obiettivo di far emergere il “sommerso”, in Italia è attivo un programma nazionale di screening gratuito dell’epatite C per i nati tra il 1969 e il 1989 e per alcune categorie di persone considerate “a rischio”.

“Informazione, consapevolezza e azione – spiega Roberta D’Ambrosio, Specialista in Gastroenterologia; Epatologa presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano – sono le parole chiave per una strategia di successo di eradicazione delle epatiti. Mettere un punto alle epatiti e fermare il contagio è un obiettivo comune, che riguarda tutti. Per questo è importante conoscere le modalità di trasmissione delle epatiti, essere consapevoli dell’importanza di fare il test anche in assenza di sintomi o di comportamenti definiti “a rischio”. Basti pensare che l’esposizione a procedure medico-chirurgiche prima degli anni Novanta – quando il virus ancora non era stato scoperto – rappresenta il più importante fattore di rischio per l’infezione da HCV”.

Un’infezione che non è dunque confinata a categorie particolari di persone, nonostante le epatiti siano ancora avvolte dallo stigma: circa un italiano su 10 (10,8% di chi conosce le epatiti) afferma che sono da evitare i contatti con persone che vivono con le infezioni.

“Conoscenza e sensibilizzazione – afferma Ivan Gardini, Presidente di EpaC ETS – sono azioni necessarie per combattere stigma e falsi miti, ancora diffusi tra gli italiani, oltre che per fermare il contagio. In occasione della Giornata Mondiale delle Epatiti sottolineo l’importanza di informarsi e accedere allo screening nazionale dell’epatite C, gratuito per le persone 35-55enni, un’opportunità non ancora colta pienamente da tutte le Regioni che viaggia a differenti velocità lungo l’Italia. Eppure, fare un semplice test è il primo passo verso la cura, ed evitare cirrosi, tumore del fegato e trapianto”.

A promuovere una corretta informazione sul tema, veicolando i messaggi della campagna di sensibilizzazione “Epatite C. Mettiamoci un punto” ci sono anche due influencer: Diego Passoni, conduttore radiofonico, e Luca Trapanese, scrittore, attivista e fondatore dell’Associazione “A ruota libera”. È inoltre online www.epatitecmettiamociunpunto.it, un sito per conoscere l’epatite C e le sue modalità di trasmissione a partire da quattro storie di persone comuni che grazie al test hanno scoperto e curato l’infezione.

 

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