(Reuters Health) – Il modello Framingham potrebbe essere superato da un innovativo punteggio del rischio cardiovascolare, basato sul calcolo delle proteine. Un ampio studio americano evidenzia come questo nuovo modello sia potenzialmente in grado di predire gli esiti cardiovascolari nei pazienti con malattia coronarica stabile. “I pazienti con una diagnosi di malattia coronarica stabile sono stati tradizionalmente considerati come una popolazione omogenea all’interno della quale tutti i soggetti tendono ad essere trattati allo stesso modo – dice Peter Ganz della University of California di San Francisco, principale autore dello studio – invece, abbiamo scoperto che tutti gli individui con stessa diagnosi clinica di malattia coronarica stabile avevano un rischio di eventi avversi (infarti, ictus, scompenso cardiaco e morte) che poteva variare di ben 10 volte, come ci ha rivelato l’analisi delle concentrazioni di nove proteine nel sangue”.
Lo studio
Il team di Peter Ganz ha ricavato e validato un punteggio predittivo del rischio di eventi cardiovascolari tra i pazienti con malattia coronarica, partendo da aptameri, piccoli acidi nucleici che possono legarsi alle proteine e considerati alla stregua di anticorpi, modificati per misurare 1.130 proteine presenti in campioni di sangue.
I ricercatori hanno identificato nove proteine dalle quali deriva un punteggio di rischio che riflette la probabilità che si verifichi un evento cardiovascolare entro un periodo di quattro anni. Nelle due coorti studiate, i partecipanti hanno avuto tassi di eventi cumulativi dal 60% all’80% all’interno dello score più elevato, e tassi inferiori al 10% nello score di rischio più basso, come evidenziato dai dati pubblicati su JAMA.
I risultati
Rispetto al modello Framingham, il nuovo punteggio di rischio basato sui livelli protici ha mostrato un aumento del 12% del rischio medio nei soggetti con eventi rispetto a quelli senza eventi.”Con questo nuovo modello predittivo siamo in grado di dire ai pazienti, tu sei a rischio molto elevato, a rischio medio o a rischio molto basso e possiamo scegliere di trattare questi pazienti con terapie diverse, nonostante abbiano tutti la stessa diagnosi”, ha commentato Ganz. Oltre a questo studio su pazienti con malattia coronarica stabile, sono in corso altre ricerche per identificare proteine che potrebbero predire il rischio di eventi cardiovascolari in altre popolazioni di pazienti, incluse le persone a basso rischio e in apparente buona salute che in realtà possono essere ad alto rischio di malattia coronarica a causa di ipertensione, ipercolesterolemia, diabete o fumo, e le persone ad alto rischio a causa di malattie renali o infezione da HIV.
“È sempre utile disporre di un marcatore di predizione del rischio più accurato che in qualche modo può orientare il processo decisionale terapeutico”, ha commentato nell’editoriale di accompagnamento dello studio Marc S. Sabatine del Brigham and Women Hospital di Boston.
Sono comunque necessari ulteriori e più approfonditi studi per capire se questo tipo di score del rischio basato sulla proteomica possa realmente avere un impatto sulla pratica clinica e contribuire a modificare la gestione terapeutica di popolazioni a basso rischio cardiovascolare.
Fonte: JAMA 2016
Will Boggs MD
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)