Sono tre gli esperimenti che confermano il modo in cui il virus Zika attacca il feto e il suo sistema nervoso in formazione oltrepassando la placenta. I tre studi, pubblicati sulle riviste Cell, Cell Stem Cell e Nature, sono stati condotti nei topi con altrettanti ceppi del virus, fra i quali l’asiatico e brasiliano.
Le evidenze
Nello studio pubblicato su Cell i ricercatori, coordinati da Michael Diamond, della Washington University di St Louis, hanno verificato che il virus Zika può infettare e attraversare la barriera della placenta, causando danni gravi fino alla morte del feto. In alcuni topi, privati della capacità di preparare una risposta immunitaria, il virus ha ucciso molti feti nel giro di una settimana e quelli sopravvissuti hanno riportato gravi anomalie nella crescita. Il livello di materiale genetico riscontrato nella placenta è risultato 1.000 volte maggiore di quello trovato nel sangue, il che suggerisce che il virus si moltiplica soprattutto nella placenta.
La ricerca pubblicata su Cell Stem Cell, coordinato da Zhiheng Xu dell’Accademia Cinese delle Scienze, ha studiato il ceppo asiatico del virus. Anche in questo caso nei feti sono stati individuati i caratteristici segni della microcefalia. Il virus ha contagiato le cellule progenitrici dei neuroni e sono state osservata sia un’alterata risposta immunitaria sia la morte cellulare. Per i ricercatori è la prova diretta che il virus Zika causa la microcefalia nei mammiferi.
Nella ricerca pubblicata su Nature e coordinata da Patricia Beltrao Bragada, dell’Università di San Paolo, si è visto, infine, che il ceppo brasiliano del virus (ZIKVBR) può oltrepassare la placenta a causare restrizioni della crescita, microcefalia inclusa. Le osservazioni sono state fatte sia nei topi sia in un modello di cervello ‘in miniatura’, un organoide che riproduce le caratteristiche del cervello umano.