(Reuters Health) – Nei pazienti con spondilite anchilosante (AS), la terapia precoce con statine sembra ridurre l’infiammazione della parete arteriosa e il rischio di malattie cardiovascolari (CVD). A evidenziarlo uno studio pilota pubblicato su Annals of the Rheumatic Diseases. “Il nostro studio – ha spiegato Erik Stroes, ricercatore del Academic Medical Center di Amsterdam – mostra che, similmente a quanto si osserva nei pazienti con artrite reumatoide, l’infiammazione della parete arteriosa è significativamente più alta nei pazienti con spondilite anchilosante e si riduce dopo la terapia con statine”.
La ricerca
I ricercatori hanno sfruttato un biomarcatore dell’infiammazione dei vasi sanguigni, il 18F-fluorodeossiglucosio, per valutare con tomografia ad emissione di positroni e con tomografia computerizzata (18F-FDG PET/CT) il rischio di malattie cardiache e l’effetto delle statine nei pazienti con spondilite anchilosante. Stroes e colleghi hanno confrontato i livelli di infiammazione della parete carotidea in 24 pazienti con AS che non avevano storia di CVD e in 20 controlli sani con 18F-FDG PET / TC, e hanno valutato l’effetto sull’infiammazione dopo tre mesi di terapia con statine. I pazienti di entrambi i gruppi avevano un’età media di 44 anni e il 72% era di sesso maschile: rispetto ai controlli, mostravano livelli più alti di proteina C reattiva e leucociti e più bassi di HDL (il colesterolo totale era simile).
Dopo tre mesi di trattamento il colesterolo LDL nei pazienti è diminuito del 53%, i livelli di proteina C reattiva sono diminuiti del 58%, così come anche l’assorbimento del 18F-FDG. Il trattamento con statine è stato ben tollerato.
I commenti
“I medici – ha detto Stroes – già conoscono i rischi cardiovascolari nei pazienti con artrite reumatoide, ma sanno meno cosa aspettarsi in quelli con spondilite anchilosante”. La spondilite anchilosante è infatti una malattia rara che colpisce il 0,5% delle persone negli USA. ” Gli studi su malattie rare sono difficili da realizzare ma importanti, e la conduzione di uno studio più ampio a più lungo termine sarebbe impossibile senza queste prove preliminari”, ha detto William F. Harvey, direttore del centro di trattamento di artrite presso la Tufts Medical Center di Boston. “Mi congratulo con gli autori. Questo studio solleva questioni importanti per ulteriori indagini.”
Gli autori auspicano che”questo studio sia di suggerimento per la creazione immediata di una politica per la prevenzione cardiovascolare più attiva in tutti i pazienti con malattie infiammatorie croniche, senza attendere i risultati di singoli studi randomizzati e controllati in ogni sottogruppo di quella popolazione di malati”.
Fonte:Ann Rheum Dis 2016
Lorraine L. Janeczko
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)