Cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva: ok CE a mavacamten

La Commissione Europea ha approvato mavacamten in capsule da 2,5 mg, 5 mg, 10 mg, 15 mg per il trattamento della cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva sintomatica (classe II-III NYHA – New York Heart Association) nei pazienti adulti.

Mavacamten è il primo e unico inibitore selettivo allosterico e reversibile della miosina cardiaca approvato negli Stati membri dell’Unione Europea e il primo inibitore di miosina cardiaca che interviene sui meccanismi fisiopatologici alla base della cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva.

L’approvazione della Commissione Europea di mavacamten si basa sui risultati positivi di efficacia e sicurezza degli studi di Fase 3 EXPLORER-HCM e VALOR-HCM.

“La cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva, spesso geneticamente determinata, causa un aumento dello spessore delle pareti del ventricolo sinistro del cuore – spiega Gianfranco Sinagra, Direttore Dipartimento Cardiotoracovascolare Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste, Professore Ordinario di Cardiologia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie Apparato Cardiovascolare all’Università degli Studi di Trieste – È caratterizzata da più componenti: l’ostruzione, cioè l’ostacolo all’uscita del sangue dal ventricolo sinistro, l’anomalia del rilasciamento, cioè la disfunzione diastolica e lo scompenso che ne può derivare, e l’alterata funzione della valvola mitrale. Vi è poi un secondo aspetto rappresentato dalle alterazioni dell’attività elettrica del cuore che deriva dalle cicatrici fibrotiche del miocardio, dall’alterata ossigenazione (ischemia) e da aritmie di vario tipo come la fibrillazione atriale. Nelle forme più gravi esiste il rischio di arresto cardiaco. Va ricordato che, pur essendo una patologia rara, la cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva rientra tra le prime tre cause di morte improvvisa giovanile tra gli atleti. Le aritmie ventricolari pericolose per la vita possono verificarsi in persone giovani e negli atleti, senza essere precedute da sintomi premonitori. La malattia, infatti, può essere del tutto asintomatica, oppure presentare sintomi transitori come dispnea, affaticamento, perdita di coscienza. Gli esami previsti, soprattutto l’elettrocardiogramma, permettono di identificarla e di distinguerla da altre condizioni come il cosiddetto ‘cuore d’atleta’”.

“È la malattia genetica familiare cardiaca più frequente, infatti in circa il 50-60% dei casi è geneticamente determinata – continua il Prof. Sinagra -. Questo permette di spostare l’attenzione dal paziente ai membri della famiglia consentendo diagnosi precoci ed approcci preventivi. L’identificazione della patologia ed il riscontro di mutazioni genetiche in un paziente determina l’avvio di programmi di screening anche nei familiari, con vari accertamenti come l’elettrocardiogramma, l’ecocardiogramma, in casi selezionati la risonanza magnetica cardiaca ed il test genetico. All’interno della famiglia, vi possono essere individui apparentemente sani, i cosiddetti ‘genotipo positivi’, cioè portatori della mutazione, ma con ‘fenotipo negativo’, cioè non affetti da evidenti variazioni dell’elettrocardiogramma ed ecocardiogramma. Queste persone devono essere sottoposte a controlli più ravvicinati, tesi ad evidenziare se nel tempo si manifesti lo sviluppo della malattia. La chirurgia è consigliata solo per le forme ostruttive gravi, non controllate dalla terapia farmacologica, e implica il ricovero in centri di eccellenza, perché è un intervento relativamente infrequente che richiede specifica esperienza e perizia. La maggior parte dei casi richiede una terapia farmacologica, che fino a oggi è stata costituita da betabloccanti, calcioantagonisti e disopiramide. L’approvazione di terapie come mavacantem è indubbiamente un importante passo avanti che consentirà di dare risposte concrete ai bisogni delle persone”.

“Si stima siano oltre 100mila le persone colpite da cardiomiopatia ipertrofica in Italia. Di queste, però, solo circa 15mila hanno probabilmente ricevuto una diagnosi corretta – afferma Iacopo Olivotto, Professore Ordinario di Cardiologia all’Università degli Studi di Firenze e Direttore della Cardiologia Pediatrica dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Meyer IRCCS -. Il nostro Paese vanta una cultura decennale nella cura delle cardiopatie genetiche e i centri di riferimento per questa patologia sono diffusi su tutto il territorio. Tuttavia, nei casi più gravi, la cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva richiede un expertise in specifiche terapie chirurgiche o interventistiche che può essere garantito solo da team multidisciplinari, che possiamo ribattezzare ‘HCM Heart Team’, presenti in pochi centri ad alta specializzazione. In questi pazienti, i risultati positivi dei due studi clinici di Fase 3 EXPLORER-HCM e VALOR-HCM mostrano l’efficacia di mavacamten nel migliorare la qualità della vita, il compenso emodinamico, la capacità di esercizio e il controllo dei sintomi, risultando di fatto una potenziale alternativa alla chirurgia”.

“Lo studio EXPLORER-HCM è una pietra miliare, perché è il primo trial che ha portato all’approvazione di un farmaco espressamente sviluppato per la cura della cardiomiopatia ipertrofica, una patologia finora orfana sul piano farmacologico – continua il Prof. Olivotto, che è Principal Investigator dello studio EXPLORER-HCM – In questo studio, che ha coinvolto 251 pazienti con cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva sintomatica, il 65% ha evidenziato il miglioramento di almeno una classe funzionale, cioè dei parametri utilizzati per quantificare i sintomi, la condizione fisica, la funzione sociale e la qualità di vita. Lo studio VALOR-HCM, inoltre, ha evidenziato che l’aggiunta di mavacamten riduce significativamente il bisogno di procedure invasive: al termine dello studio, l’82% dei pazienti trattati – inizialmente destinati alla chirurgia – non aveva più tale indicazione. Accanto a questi importanti dati di efficacia, mavacamten ha mostrato un eccellente profilo di sicurezza e tollerabilità. Ci auguriamo che, dopo l’approvazione europea, anche i pazienti del nostro Paese possano avere a disposizione questa terapia innovativa quanto prima”.

“Questa approvazione è un’importante pietra miliare per i pazienti in Europa che ora avranno a disposizione l’opzione terapeutica mavacamten, inibitore first-in-class della miosina cardiaca che colpisce la fisiopatologia alla base della cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva sintomatica”, afferma Samit Hirawat, chief medical officer, Bristol Myers Squibb. “Siamo orgogliosi di offrire questo trattamento innovativo ad un numero maggiore di pazienti nel mondo e di confermare il nostro impegno a livello globale a trasformare la vita dei pazienti grazie alla scienza”.

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