In occasione del SGO Annual Meeting on Women’s Cancer sono stati presentati i risultati provvisori della parte 1 dello studio di fase III RUBY che studia dostarlimab più chemioterapia standard (carboplatino-paclitaxel) seguita da dostarlimab rispetto alla chemioterapia più placebo seguita da placebo in pazienti adulte con carcinoma endometriale primario avanzato o ricorrente.
I ricercatori hanno osservato un miglioramento statisticamente e clinicamente significativo nella sopravvivenza libera da progressione (PFS) per l’anticorpo monoclonale anti-PD1 dostarlimab più carboplatino-paclitaxel in particolare nella popolazione con deficit di riparazione del mismatch (dMMR)/elevata instabilità dei microsatelliti (MSI-H) (n=118), ma anche nella popolazione complessiva (n=494) rispetto a placebo più chemioterapia.
Risultati che cambieranno la pratica clinica
“Questo studio cambierà la pratica clinica”, commenta Domenica Lorusso, Professore Associato di Ostetricia e Ginecologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e Responsabile Programmazione Ricerca Clinica della Fondazione Policlinico Universitario A.Gemelli di Roma. “In Italia si ammalano di questa patologia circa 10.000 pazienti ogni anno. Purtroppo per anni questo tumore è stato sottovalutato e di conseguenza oggi è l’unica patologia con prognosi in peggioramento e incidenza in aumento. Finora avevamo a disposizione solo la chemioterapia, nello studio abbiamo cercato di capire se l’immunoterapia potesse potenziare la chemioterapia”.
Lorusso spiega che le analisi sono state effettuate in modo gerarchico: i ricercatori hanno prima valutato la sopravvivenza libera da progressione delle donne più inclini a rispondere alla chemioterapia poiché presentavano instabilità di microsatelliti (che caratterizza circa il 30% di tutte le pazienti con carcinoma dell’endometrio), poi hanno analizzato la PFS in tutta la popolazione intention-to-treat e infine la sopravvivenza globale.
“I risultati sono stati straordinari. Per la prima vota in 20 anni abbiamo ottenuto un miglioramento significativo della sopravvivenza libera da progressione con un Hazard Ratio (HR) impressionante, di 0,28, nella popolazione con instabilità dei microsatelliti che corrisponde a una riduzione del 72% del rischio di progressione. A due anni il 16% delle pazienti in trattamento con la sola chemioterapia non aveva recidivato contro il 61% delle pazienti in trattamento con chemio e immunoterapia. Nella popolazione intention-to-treat, a due anni, meno de 20% delle pazienti in chemioterapia non ha recidivato contro il 36 % in trattamento con l’immunoterapia. L’HR è stato dello 0,64 con una riduzione importante del rischio di progressione”.
Per quanto i risultati sulla sopravvivenza globale non siano ancora maturi sono incoraggianti: a due anni era vivo il 56% delle pazienti in chemioterapia contro il 76% di pazienti in trattamento con chemio e immunoterapia.
Il profilo di sicurezza e tollerabilità di dostarlimab in combinazione con carboplatino-paclitaxel nello studio era generalmente coerente con i profili di sicurezza noti dei singoli agenti.
Farmaci su misura in base alle caratteristiche molecolari del tumore
Dati questi risultati, aggiunge Lorusso, si spera che il farmaco sia presto disponibile nella pratica clinica per la popolazione ad alto rischio. “Credo che con i risultati di questo studio da ora in poi tutte le pazienti con tumore dell’endometrio avanzato o recidivante riceveranno chemio più immunoterapia”.
L’esperta sottolinea comunque che, grazie allo studio del genoma umano, di recente è stato scoperto che non esiste un unico tipo di tumore dell’endometrio, ma quattro, diversi tra loro per profilo molecolare, possibilità di rispondere al trattamento e storia naturale della malattia. “Come abbiamo osservato anche in questo studio i tumori con instabilità dei microsatelliti rispondono meglio all’immunoterapia, mentre quelli con mutazioni di P53 possono rispondere meglio ai farmaci PARP inibitori. La conoscenza della biologia del tumore ci consente di scegliere il trattamento più efficace”.
Dallo studio è comunque emerso che tutte le pazienti, indipendentemente dal profilo molecolare del tumore, possono beneficiare dell’immunoterapia con dostarlimab. “Abbiamo osservato un gradiente nel beneficio, che è maggiore in caso di instabilità dei microsateliti e deficit del mismatch repair”, precisa Giorgio Valabrega, Dirigente Medico presso AO Ordine Mauriziano Torino. Nel momento in cui il farmaco entrerà nella pratica clinica, secondo Valabrega, sarà utile effettuare un’analisi del mismatch repair prima di somministrare la terapia. “I risultati dell’analisi potrebbero essere non vincolanti (e spero che non lo saranno), in base a quella che sarà a rimborsabilità di dostarimab, ma in ogni caso ci permetteranno di capire e di comunicare alla paziente quale potrà essere la risposta alla terapia. Inoltre, un’analisi delle caratteristiche molecolari del tumore ci permette anche di cercare retrospettivamente familiarità ed ereditarietà del tumore”.
Hesham Abdullah, Senior Vice President, Global Head of Oncology Development, GSK dichiara: “questi risultati positivi dello studio RUBY ci avvicinano di un passo all’affrontare le significative esigenze insoddisfatte delle pazienti con cancro dell’endometrio e si aggiungono al crescente corpo di prove su dostarlimab, rafforzando la nostra convinzione nel suo potenziale per trasformare il trattamento del cancro in una terapia immuno-oncologica di base”.