Un ‘esercito’ di quasi 5 milioni di italiani soffre di osteoporosi, in 2 casi su 3 sono donne, e ogni anno vanno incontro a circa 600mila fratture ossee, spesso seguite da perdita di autonomia e ospedalizzazioni. Tuttavia, questa patologia è diagnosticata e trattata in maniera carente: l’80% riceve cure inadeguate e 1 paziente su 2 abbandona le terapie per timore di possibili effetti collaterali, tra cui il danno alle ossa mascellari. Ma le cure per ossa fragili e gengive sane possono andare d’accordo: le prime linee guida sull’utilizzo dei farmaci antifratturativi nei pazienti con parodontite, messe a punto dalla Società Italiana di Parodontologia ed Implantologia (SIdP) e dalla Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT), fanno chiarezza e rassicurano i pazienti. Le linee guida sono frutto di un documento congiunto elaborato nel quadro del progetto “Healthy Bone Healthy Gums” e sarà presentato al XXI Congresso Nazionale della SIdP, in programma dal 9 all’11 marzo al Palacongressi di Rimini.
Non bisogna rinunciare a salvare le ossa per prevenire problemi di salute orale, dunque, questa la posizione dei dentisti: basta identificare i fattori di rischio dei singoli pazienti e controllare l’infiammazione gengivale per ridurre al minimo la possibilità dell’insorgenza di una grave, ma rara complicanza di questi farmaci e cioè l’osteonecrosi delle ossa mascellari. Si tratta di una condizione degenerativa di una porzione di osso che può portare a serie conseguenze infettive e disfunzionali.
Per contrastare la fragilità ossea sono oggi disponibili diversi farmaci che agiscono riducendo il riassorbimento del tessuto osseo. La famiglia maggiormente diffusa è quella dei bifosfonati, a cui si aggiungono i monoclonali come il denosumab oltre quelli che associano all’attività anti-riassorbitiva la capacità di stimolare la deposizione di nuovo osso. “L’introduzione di queste terapie ha costituito un importante passo avanti nella prevenzione delle fratture – spiega Luca Landi, coordinatore delle Linee Guida per SIdP – ma è nata una certa preoccupazione nei pazienti quando tra le possibili complicanze dell’assunzione di anti-riassorbitivi è apparsa l’osteonecrosi dei mascellari. Si tratta di una degenerazione di una porzione di osso – precisa Landi – che può divenire esposto, spontaneamente o a seguito di cure dentarie e che non guarisce e può provocare dolore, gonfiore e ulcerazione dei tessuti molli fino alla mobilità dentale con grave alterazione della funzione masticatoria. La sua incidenza è molto bassa e va da meno dello 0,5% in caso di terapia per l’osteoporosi e fino al 8% circa in caso di assunzione per motivi oncologici. Ma assistiamo sempre più spesso ai timori di pazienti in cura con questi farmaci o che dovrebbero iniziare ad assumerli. Sospendere o non iniziare la terapia con questi farmaci nel timore di incorrere in questa complicanza non solo espone il paziente ad un più alto rischio di frattura ma spesso determina una difficoltà per l’odontoiatra che deve gestire estrazioni dentali o interventi di chirurgia nel paziente con problemi parodontali. Per questo, il Position Paper “Healthy Bone Healthy Gums” sottolinea l’importanza della terapia anti-fratturativa che non deve essere interrotta o rinviata dal dentista a meno che ciò non avvenga in accordo con il prescrittore”.
“L’osteoporosi – sottolinea Maria Luisa Brandi, coordinatrice delle Linee Guida per SIOT e responsabile dell’Osservatorio Fratture da Fragilità – è una malattia scheletrica sistemica caratterizzata da una riduzione della massa e della qualità ossea che porta alla fragilità ossea e a un maggior rischio di fratture a anca, colonna vertebrale, omero, avambraccio. In Italia oltre 4,5 milioni di persone, donne in 2 casi su 3, ne soffrono e, nei prossimi 25 anni, la percentuale della popolazione over 65 che ne soffre aumenterà del 25%. Oggi ci sono potenti farmaci per la prevenzione delle fratture da fragilità. Un’adeguata terapia anti-riassorbitiva è in grado di ridurre del 50% le fratture con un impatto positivo, non solo sulla salute e la qualità di vita dei pazienti, ma anche sulla spesa sanitaria. Tuttavia, ben l’80% dei pazienti con osteoporosi non ricevono cure adeguate e 1 paziente su 2 abbandona la terapia”.