(Reuters Health) – Per chiarire l’associazione tra i diversi livelli di trigliceridi e la mortalità nel lungo termine (superiore ai 22 anni) per tutte le cause, Aharon Erez e colleghi, dello Sheba Medical Center di Tel-Hashomer, in Israele, hanno utilizzato i dati di 15.355 pazienti con malattia coronarica comprovata inclusi nello studio BIP. L’aggiustamento dei dati di sopravvivenza per età e sesso ha mostrato una significativa tendenza alla diminuzione dal 41% nel gruppo con trigliceridemia bassa o normale (100 mg/dL) al 37% con 100-149 mg/dL, e del 36% con 150-199 mg / dL, 35 % con 200-499 mg/ dL, e del 25% con ipertrigliceridemia grave (500 mg / dL) (log-rank p <0.001).
Lo studio
In particolare si è visto che, quando valutata come una variabile continua, ogni unità d’incremento dei trigliceridi espressa come logaritmo naturale (ln), era indipendentemente associata con un aumento della mortalità, maggiore del 26%, e questa associazione è rimasta significativa anche dopo aver incluso il valore del livello plasmatico del colesterolo HDL nel modello analitico. Inoltre, utilizzando un modello corretto integralmente per l’analisi di regressione (Cox), ogni unità Ln di elevazione dei trigliceridi è stata associata ad un aumento del 6% del rischio di tutte le cause di mortalità. E ancora, i livelli elevati dei trigliceridi sono stati associati con la mortalità in tutti i sottogruppi analizzati (diabete, colesterolo HDL basso, indice di massa corporea, e fumo), con l’eccezione del gruppo relativamente piccolo delle pazienti di sesso femminile incluse nell’analisi (19% della popolazione dello studio).
“La soglia attualmente utilizzata per la definizione di un livello di trigliceridi elevato per i pazienti con CHD potrebbe, dunque, essere maggiore di quanto desiderato”, hanno concluso i ricercatori aggiungendo la necessità di ulteriori studi prospettici su soggetti altamente selezionati.
Fonte: Circ Cardiovasc Qual Outcomes 2016
Will Boggs MD
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
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