La tecnologia spesso sembra anticipare le nostre necessità: il nostro telefono si offre di completare le parole prima che terminiamo di scriverle, e Google capisce cosa vogliamo cercare dopo una parola o due. Ma cosa accade se vogliamo scrivere stringhe di codice? Un progetto della Rice University intende proprio aiutare gli sviluppatori di software tramite utility di “autocompletamento” per la programmazione. Il progetto mira a catalogare il codice open-source disponibile online, ed ad usarlo per costruire un database che possa aiutare ad anticipare le necessità degli scrittori di software. Quando il programmatore inizia a scrivere un codice che è già stato utilizzato da centinaia di migliaia di persone, il programma ricerca nel suo database e trova il codice appropriato, adattandolo anche al linguaggio di programmazione ed alla metodologia impiegata scansionando il progetto man mano che il programmatore lo stila. Naturalmente il programma fornisce anche una varietà di opzioni suggerite, nel caso in cui al programmatore la prima opzione proposta non piaccia. Questo sistema potrebbe di certo accelerare la scrittura del codice, che ad oggi viene scritto ancora in larga parte a mano, ed inoltre tramite la propria capacità di analisi potrebbe garantire una perfetta integrazione dei pacchettti open-source spesso usati nei vari progetti, evitando bug e falle nella sicurezza. Ovviamente esso non potrebbe accedere a tutto il codice mai creato, dovendosi limitare alle fonti open-source, ma molte delle più grandi società informatiche come Apple, Google, Microsoft ed altre ancora si affidano anche al codice open-source, e ciò potrebbe aiutare nel velocizzare lo sviluppo di molti progetti chiave. (RICE University News Release, online 5/11/2014)
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Secondo me è un ottimo incentivo per chi il codice non lo conosce bene; chi è alle prime armi con i linguaggi di sviluppo. Non solo, diverrebbe un incentivo anche per gli sviluppatori che condividerebbero più volentieri soluzioni sui propri siti personali e generare in questo modo maggiore traffico. La Rice University c’ha visto lungo.