Cure mirate per tipo di tumore del cervello presto saranno realtà. E’ stato realizzato, infatti, il primo identikit molecolare dei più comuni tumori del cervello. Pubblicato sulla rivista Cell, il risultato è frutto di tre anni di lavoro da parte di una collaborazione internazionale che comprende circa 300 ricercatori e parla italiano. A coordinarla è un pioniere dello studio sulle basi genetiche dei tumori, Antonio Iavarone, da anni negli Stati Uniti, dove lavora nella Columbia University di New York. Con lui hanno guidato la collaborazione Houtan Noushmehr dell’Università di San Paolo e Roel G.W. Verhaak dell’Università del Texas a Houston. Primo autore è un altro italiano, Michele Ceccarelli, che lavora fra l’Università del Sannio a Benevento e il Qatar, nell’Università Hamad Bin Khalifa di Doha.
Lo studio
“Osservando la composizione molecolare di questi tumori – ha detto Iavarone – ora abbiamo un modo molto più preciso di prevedere quali di essi hanno maggiori probabilità di crescita. Su questa base, sarà possibile prescrivere trattamenti più adeguati per il singolo paziente”. Anche per il più complesso degli organi è quindi possibile la rivoluzione in atto per altre forme di tumore, resa possibile dal progetto dell’Atlante del genoma del cancro, partito dieci anni fa e coordinato dai National Institutes of Health (Nih) degli Stati Uniti. Anche la ricerca che ha fornito il primo identikit molecolare dei tumori è stata finanziata dall’Nih e si è servita dei Big Data, raccogliendo, classificando e analizzando tutte le informazioni sulle caratteristiche molecolari dei tumori, dal Dna alle proteine. “Queste informazioni hanno un’immediata applicazione clinica e sono un passo concreto verso la personalizzazione delle cure”, ha osservato Iavarone.
“E’ un tipico esempio – ha aggiunto – di analisi basata sui Big data: non solo abbiamo studiato un numero ampio di tumori, ma su ciascuno di essi abbiamo raccolto moltissime informazioni. E’ stato possibile grazie alle diverse capacità e competenze nell’ambito della collaborazione internazionale, che ha reso possibile fare uno studio integrato, che mette insieme tante informazioni”. Il primo risultato concreto, ha detto ancora, è stata l’individuazione di “due sottogruppi di pazienti che non si conoscevano prima e questo comporta nuove possibilità nel decorso clinico e nella terapia”. Il prossimo obiettivo, ha concluso, è “capire l’evoluzione del tumore. Per ora abbiamo solo la fotografia alla diagnosi, ma bisogna capire come si evolve il tumore dopo che è’ stato trattato”.