I farmaci oncologici innovativi possono salvare la vita dei malati di tumore o allungarla di mesi, e migliorarne enormemente la qualità. Ma il loro accesso è precluso a molti italiani, che possono attendere fino a 600 giorni per riuscire ad ottenerli, e il loro costo elevato preoccupa chi deve far quadrare i conti della spesa sanitaria. A fare il punto è stato ieri il convegno ‘Il governo dell’innovazione farmaceutica: modelli di Governance e sostenibilità dei farmaci oncologici innovativi ad alto costo’. Di 30 principi attivi a maggior impatto economico, 11 sono rivolti alla cura dei tumori e il loro costo annuo è di circa 3 miliardi. Ad oggi, sono computati nella spesa farmaceutica ospedaliera ma i loro alti costi mettono a rischio la tenuta dei conti e l’equità di accesso alle cure. Di fatto solo in alcune regioni sono disponibili e i pazienti sono spesso costretti ad attraversare l’Italia per poterli avere, a volte sentendosi dire anche dei ‘no’. “Ci sono mostruose disparità”, denuncia Antonio Gaudioso, segretario Generale di Cittadinanzattiva, con “attese che possono superare i mille giorni. I picchi più elevati sono al sud e nelle regioni in piano di rientro”. Fondamentale quindi individuare in che modo trovare risorse per garantirli a tutti coloro che ne hanno bisogno. “Una possibile risorsa di finanziamento verrà dall’abbattimento della medicina difensiva con l’entrata in vigore la legge sulla responsabilità professionale medica, ora all’esame della Camera”, secondo Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità. Se l’Associazione Oncologia Medica (Aiom) ribadisce l’ipotesi di trovare risorse tassando le sigarette, per Nicoletta Luppi, presidente di Msd Italia, una possibile soluzione è quella di “considerare la spesa da un punto di vista olistico”. Si tratta cioè “di non separare, come oggi avviene, la spesa farmaceutica ospedaliera dalla spesa ospedaliera complessiva: perché se mi curo e sto meglio, si spende in farmaci ma si riducono ricoveri e costi”. Ipotesi “interessante su cui stiamo lavorando, ma non è semplice” per Paolo Bonaretti, consigliere del Gabinetto del Ministero dello Sviluppo Economico.
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Il costo dei farmaci innovativi sarebbe facilmente coperto se tutti pagassero le tasse, se i pazienti con esenzione tiket facessero gli accertamenti in strutture pubbliche e non convenzionate. In tal caso l’esame deve essere pagato dalla ASL di appartenenza del paziente.
In struttura pubblica lo stesso accertamento avrebbe un costo molto inferiore a meno che non si licenzi il personale.