Irma Cordella
Come è nata l’idea di realizzare questo progetto e a chi si rivolge?
Il progetto “Una Malattia con la C” nasce per informare la popolazione sull’Epatite C, una malattia causata dal virus dell’HCV, sulla sua prevenzione e sui fattori di rischio, fornendo indicazioni sui test e sui Centri di Cura. In Italia si stima ci siano ancora circa 300 mila casi non diagnosticati di Epatite C. Si tratta di una malattia subdola perché non dà sintomi evidenti ma che, col passare del tempo, può compromettere le funzionalità del fegato favorendo l’insorgere di diverse complicanze come cirrosi, insufficienza epatica e tumore. Oggi dall’Epatite C si può guarire e abbiamo a disposizione fondi governativi per lo screening gratuito, a cui diverse categorie di persone possono accedere.
Potrebbe descriverlo brevemente?
“Una Malattia con la C” è una campagna digitale che abbiamo lanciato il 23 ottobre 2023 con l’obiettivo di sensibilizzare gli italiani sull’Epatite C. Lo abbiamo fatto avvalendoci di un’indagine svolta online, utilizzando l’intelligenza artificiale, dalla quale sono emersi argomenti di interesse e la necessità di informazione della popolazione. L’iniziativa prevede il sito web unamalattiaconlac.it/ e l’avvio di una campagna social su Facebook, Instagram e TikTok. La campagna ha il patrocinio delle società scientifiche SIMIT e AISF e dell’associazione pazienti Anlaids Onlus Nazionale.
Che risultati avete o volete raggiungere?
La campagna ha raggiunto oltre 15 milioni di persone e un engagement rate superiore al 10%, con il sito web che ha registrato un aumento significativo delle visite mensili (+ 6.000). La campagna ha ricevuto numerosi riconoscimenti nel settore, evidenziando il nostro impegno nel sensibilizzare, con informazioni accessibili e comprensibili, un pubblico sempre più ampio e diversificato.
Cosa pensa ci sia ancora da fare in questo ambito?
Credo ci sia ancora molto da fare in questo ambito. Oggi ancora troppe poche persone sanno che c’è la possibilità di accedere a uno screening gratuito, alcune sottovalutano i fattori di rischio dell’Epatite C o altre ancora risultano essere positive, ma non in cura presso un centro di riferimento. Inoltre, in pochi conoscono le vie di trasmissione. L’Epatite C si trasmette attraverso contatto con sangue infetto, ma occorre attenzionare le pratiche che non seguono le misure di prevenzione e controllo per il rischio infettivo: piercing, tatuaggi, manicure, pedicure, e altri trattamenti effettuati in ambienti non idonei e senza l’utilizzo di materiali monouso e strumenti sterilizzati. Lo stesso vale nel caso della condivisione di oggetti per l’igiene personale o di siringhe per il consumo di droghe endovenose.
Qual è l’aspetto della Media Communication Campaign che sarà più importante secondo lei nei prossimi anni?
Sarà essenziale creare un coinvolgimento personalizzato e mirato con il pubblico. Questo richiederà un’interazione con i pazienti e una risposta alle loro esigenze a 360°, cercando di supportarli lungo tutto il percorso. Sarà cruciale sfruttare dati e analisi per comprendere i loro principali bisogni e le loro aspettative e adattare di conseguenza le strategie di comunicazione, mantenendo trasparenza, autenticità e chiarezza, per far sì che l’informazione sia davvero utile e possa migliorare la salute delle persone.