Maria Cristina Ventaglio
Come è nata l’idea di realizzare questo progetto e a chi si rivolge?
Quando una persona vive il trauma di una malattia, è importante la gestione clinica ma anche quella legata alla sfera personale di un individuo la cui vita viene improvvisamente sconvolta. In questo contesto, nel 2015 nasce DNA (Dansac Nurse Academics) per offrire un approccio di cura innovativo, inclusivo e olistico, capace di sostenere le persone colpite e le loro famiglie in attesa di farle tornare alla vita, comprendendo i loro bisogni non solo dal punto di vista clinico, ma anche umano, emotivo e relazionale. Il progetto è stato realizzato grazie a un appassionato gruppo di infermieri stomaterapisti, provenienti da tutta Italia che, con passione, hanno investito il proprio tempo, spesso extra lavorativo, per formarsi su tematiche nuove e applicarle nei propri ospedali per migliorare l’assistenza alla persona con stomia.
Potrebbe descriverlo brevemente?
DNA rappresenta non soltanto un luogo di apprendimento ma anche di innovazione e sperimentazione all’interno del quale vengono sviluppate iniziative per umanizzare l’assistenza alla persona con stomia, potenziare la pratica clinica quotidiana, generare nuovi dati da mettere a disposizione della comunità scientifica di riferimento. Grazie alla collaborazione con ISTUD, da 9 anni portiamo l’arte nei luoghi di cura attraverso la Medicina Narrativa, l’Arteterapia, la musica, la biblioterapia. Negli ospedali DNA, chi vive l’esperienza di una stomia, oltre a ricevere assistenza clinica, ha la possibilità di raccontarsi attraverso un diario, di svagarsi colorando o leggendo un libro, di evadere grazie alla musica, ognuno in base a ciò che ama di più fare.
Che risultati avete o volete raggiungere?
Abbiamo realizzato strumenti concreti e facili da utilizzare nei luoghi di cura come:
Il sito del DNA dedicati alla stomia racconta le iniziative nel dettaglio.
Cosa pensa ci sia ancora da fare in questo ambito?
DNA ha generato evidenze e dati (abbiamo pubblicato su Medici oggi) sui benefici che la persona ottiene da questo tipo di approccio più olistico. Sentirsi una persona accolta e non un numero della macchina cambia l’esperienza di cura. Per questo, secondo me, è importante continuare a sensibilizzare in questa direzione e sviluppare sempre di più iniziative che mettano davvero le persone al centro di un percorso di assistenza sempre più attento ai bisogni individuali.
Qual è l’aspetto principale del Patient Advocacy Program che sarà più importante secondo lei nei prossimi anni?
DNA non è solo un progetto, DNA è il fantastico gruppo di 20 infermieri stomaterapisti che lo porta avanti da quasi 10 anni. Mi auguro che il loro entusiasmo e la loro voce continuino a contagiare sempre più colleghi condividendo le competenze acquisite e gli strumenti realizzati per servire una comunità sempre più ampia. Con questo scopo, DNA è da poco arrivato anche su Facebook ed Instagram. Sono onorata di avere il privilegio di collaborare con professionisti dediti e appassionati come loro, un modello e un esempio per la sanità italiana, da cui ho imparato tanto durante ogni giorno di questo bellissimo viaggio. Sopra ogni cosa, mi hanno insegnato che spesso basta poco per cambiare l’esperienza di una persona e farla sentire bene e importante. Perciò, facciamolo.