Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD, dall’inglese Attention Deficit and Hyperactivity Disorder) è un disturbo del neurosviluppo che spesso persiste anche in età adulta. In un articolo pubblicato dalla Rivista di Psichiatria, gli specialisti del Dipartimento di Psichiatria di Bolzano, dell’Università di Bologna e dell’Università Europea di Roma, notano come la situazione italiana riguardo alla gestione di questo disturbo mostri ancora delle criticità, nonostante gli alti tassi di prevalenza.
“La creazione del Registro Nazionale Italiano per l’ADHD nell’infanzia è stato redatto solo nel 2007, come tentativo di colmare un gap culturale lungo 40 anni”, scrivono. A differenza di quanto avviene nel resto d’Europa, i servizi che trattano il disturbo nell’età adulta non hanno a disposizione linee guida utili a supportare la gestione clinica di questa condizione. Inoltre, i possibili farmaci, efficaci sulla base della letteratura scientifica, sono off-label o non consentiti per la popolazione adulta. “Questa situazione riflette la necessità di una maggiore chiarezza dei modelli operativi italiani”, aggiungono.
Per queste ragioni hanno condotto uno studio volto a valutare lo stato attuale delle conoscenze e i metodi di lavoro in materia di ADHD nell’adulto e ad identificare i percorsi di valutazione e trattamento nei servizi psichiatrici italiani. Sono stati individuati e contattati 338 servizi italiani tra centri di salute mentale, servizi per le dipendenze patologiche e servizi psichiatrici di diagnosi e cura. Hanno risposto all0intervista 229 centri. I risultati emersi dalle interviste telefoniche sono stati confrontati con la letteratura scientifica europea.
Solo il 12,7% ha completato l’intervista, poiché i restanti servizi di salute mentale non si occupano di ADHD in età adulta. Di tutti i centri che sono stati contattati, il 33,4% ha indicato di non conoscere le principali caratteristiche del disturbo, solo il 29,9% dei servizi di salute mentale ha dichiarato l’esistenza di una continuità di presa in carico tra servizi per l’infanzia e l’adolescenza e per gli adulti, ma solo l’11,3% dei servizi ha un protocollo specifico per regolare la transizione per l’ADHD.
Solo l’1,8% dei centri ha avuto più di 50 pazienti nell’ultimo anno, mentre il 7,4% ne ha avuti meno di 10 e il 2,7% un numero compreso tra 10 e 50.
Nel 4,1% dei servizi intervistati l’iter diagnostico relativo all’ADHD è svolto da tutti i medici del servizio di salute mentale, mentre nel 7,2% è svolto da psichiatri o psicologi specializzati con formazione e competenze specifiche nella diagnosi dell’ADHD.
La terapia farmacologica è prescritta in 24 su 229 (il 10,7%) dei centri. I farmaci prescritti sono: atomoxetina nell’8% dei casi, metilfenidato nel 7,7%, mentre nel 5,3% dei casi i centri prescrivono per il trattamento dell’ADHD altri farmaci psicotropi tra cui gli antipsicotici serotoninergici e, in alcuni casi, atipici.
I ricercatori concludono che lo stato delle conoscenze sull’ADHD dell’adulto nei servizi psichiatrici italiani è ancora inadeguato a supportare quello che, secondo i dati epidemiologici, rappresenta un significativo problema di salute pubblica.
Bibliografia:
Conca A, Raponi A, Gozzi G, Tommasino S, Morsiani A, Rafanelli C, Innamorati M, Holzer S, Florio V, Giupponi G. Adult ADHD: a study on evaluation and treatment pathways in Italian Mental Health Services. Riv Psichiatr. 2021 Nov-Dec;56(6):300-307. doi: 10.1708/3713.37043